“Domandiamo allo Spirito di aiutarci a discernere cosa Egli desidera per La nostra chiesa particolare e, innanzitutto, chiediamogli di venire in aiuto alla nostra debolezza”. Queste le parole del Vescovo Armando, sabato 8 giugno, in occasione della Veglia di Pentecoste, Veglia che ha visto le quattro zone pastorali radunarsi nei diversi luoghi del centro storico di Fano per raggiungere in processione la Cattedrale accolti dal Vescovo Armando.
“Quali sono – ha proseguito il Vescovo – i peccati di cui, come Chiesa, ci dobbiamo accusare, senza accontentarci di dire genericamente che siamo peccatori? La patologia più diffusa è, senza dubbio, quella che ha contagiato l’umanità sin dall’inizio della sua storia: la confusione della Babele delle lingue, che genera dispersione e causa divisione. La sofferenza più subdola è quella della mancanza di memoria, diagnosticata agli Israeliti da Mosè, ai quali il Signore ricorda “come li ha sollevati su ali di aquile”. Il male più insidioso è quello della rassegnazione, che non ha risparmiato i membri della casa d’Israele. A questa diagnosi il Signore propone la terapia prescritta per mezzo del profeta Gioele: “Io effonderò il mio Spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie”. Nel giorno del Signore – ha proseguito il Vescovo – la salvezza di Dio raggiungerà gli uomini, farà degli uomini dei profeti. “Profeti” vuol dire delle persone che possono dire la parola di Dio, che sanno interpretare gli avvenimenti dentro il disegno di Dio, sanno il progetto di Dio nella loro vita, nella umanità e nella storia.
Lo Spirito dentro di noi ci fa desiderare i desideri di Dio, sui suoi progetti, in modo che la nostra vita vada in quella direzione lì”.
Il Vescovo si è poi soffermato sull’inquietudine esistenziale ricordando che molti personaggi grandi della storia sono stati inquieti. “Grazie ad essa – ha sottolineato il Vescovo – la coscienza si pone di fronte al mondo e a se stessa in un atteggiamento di stupore, ma anche di insoddisfazione per i limiti di ciò che è abitudinario, per i sentieri ormai ben noti, per gli orizzonti ristretti e ormai troppo familiari; e avverte una pungente nostalgia di ciò che sta oltre. Essa è come un pungolo nella carne, che ci sprona a non sederci sulle comodità di quanto già riteniamo acquisito e ci sfida a osare, a buttarci, a lasciarci andare nella grande corrente dell’Essere, dalla quale proveniamo e alla quale aneliamo a fare ritorno”.
Al termine della meditazione, i fedeli, in processione con le candele accese, hanno raggiunto il Pincio di Fano dove si è conclusa la Veglia con il mandato e la benedizione del Vescovo.