“In occasione delle festività dei Santi si torna volentieri al cimitero del proprio paese. Pur con visite rapide, si ritorna per pregare sulla tomba dei genitori, fratelli, nonni, parenti e amici, di vicini che abbiamo conosciuto e frequentato. Una preghiera, una prece sommersa, tanti ricordi, un fiore deposto, uno sguardo alle tombe nuove che di anno in anno accrescono quel luogo di memorie. Ed una lacrima silenziosa, per i tanti volti che ci tornano nel cuore. Come nel cuore di tutti, come nel vostro cuore. La visita al cimitero è sempre carica di emozioni ma anche ricca di fede. Anzi, è forse il luogo che parla a tutti, credenti e non credenti. Perché certe domande, di solito sommesse o nascoste, qui tornano taglienti e decisive”. Queste le parole del Vescovo Armando, lunedì 2 novembre nella Santa Messa al cimitero urbano in occasione della Commemorazione dei Defunti. “Questo del 2 novembre – ha sottolineato il Vescovo – è un giorno particolare. Perché è una ricorrenza stampata nel cuore di ciascuno di noi. Una visita al cimitero, una preghiera commossa, un ricordo affettuoso per chi ci ha preceduti. Per chi ha lasciato un segno indelebile nella nostra vita. Ma è insieme portatrice di una riflessione acuta sul senso futuro del nostro camminare. Più limpida è infatti la meta, più svelto è il passo. Ma è anche tragico il contrario: confusione di meta fa rima con divisione, frammentazione, mormorazione. In questo sguardo verso mete lontane, il presente si carica di eternità. Anzi, è la speranza ad attrarre il futuro dentro il presente. Già cambia il presente, se è toccato dalla realtà futura. Le cose future si riversano in quelle presenti e le presenti in quelle future. Affiniamo il nostro sguardo sul futuro, che ci avvolge e rincara di speranza ogni cosa. Anche e soprattutto sul mistero del dolore e sul mistero del male corrono subito le domande dei giovani. E di tutti noi, in ogni terra e in ogni tempo. Perché speranza e male sono un binomio inscindibile, unico, mai chiarito del tutto. Sempre bisognoso di luce. Ci chiediamo infatti se il dolore, nella vita, sia un incidente di percorso oppure una componente essenziale (e perciò educativa) della vita. E non basta rispondere con teorie. E dentro il pozzo del cuore che dobbiamo saper dare una risposta a questa fondamentale domanda”.
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