Il Vescovo Armando alla Festa del Mare

“Curare la salute ci preserva, ma la certezza di essere salvi ci fa vivere”

Domenica 1 agosto, in occasione della Festa del Mare, il Vescovo Armando ha celebrato la Santa Messa al Monumento dei Caduti in mare alla presenza delle autorità civili e militari.

Prendendo spunto dal Vangelo della Domenica, il Vescovo ha messo in evidenza che spesso si cerca Dio solo nel momento del bisogno. “Occorre cercare Dio quando si ha fortuna – ha sottolineato il Vescovo – perché nel grido tutti siamo capaci di tendere la mano, nel ventre pieno a volte siamo sazi, ingordi e irragionevoli”.

Il Vescovo ha, poi, riflettuto su questa annata. “Simone Weil traduce: Se non si tende all’infinito, ci raggiungerà solo il banale. E ancora Kierkegaard: L’uomo è un crepaccio, ma assetato di infinito. Può solo il pane della terra, solo l’economia, solo il potere, colmare la fame del cuore umano? Mi pare proprio di no”.

Il Vescovo ha approfondito questa tematica ponendo l’accento su cinque parole, innanzitutto la realtà. “La realtà ci inquieta tutti. Alle spalle lunghi mesi di paura, incredulità, perdite, impegno, coscienza, incoscienza, speranze, lavoro, disoccupazione, fraternità, solitudine, affetti. Mesi difficili dietro di noi, ma anche purtroppo davanti a noi: pazientare, resistere, trovare altre risorse materiali e spirituali, continuare a mantenere e costruire legami. Abbiamo dovuto camminare come se ci fosse un nemico invisibile pronto ad attaccarci. Silenziosamente ci siamo sentiti piccoli e alla ricerca di una protezione invisibile. Nell’inquietudine non abbiamo, però, perso la fiducia consci che vedremo prima o poi la fine o la luce. Tutti abbiamo imparato qualcosa, a pensare alla nostra capacità di adattamento e a dare il giusto valore a quei servizi che troppe volte diamo per scontati. Anche nella festa della città – ha proseguito il Vescovo – non dobbiamo perdere questo senso globale dell’inquietudine. L’inquietudine sia l’opportunità unica per cercare insieme il luogo più sicuro e inattaccabile dove riporre la nostra speranza e questo luogo non è solo la salute, bene fondamentale che giustamente vogliamo preservare dal virus, ma che da sola non basta a rendere felici. Curare la salute ci preserva, ma la certezza di essere salvi ci fa vivere. La rotta per le attraversate notturne della vita – ha sottolineato il Vescovo facendo riferimento al linguaggio del mare – è senza scorciatoie, soprattutto nei momenti in cui si sperimentano difficoltà. Talora siamo chiamati a entrare in una prospettiva di oscurità che comporta dimensioni di inquietudine e di smarrimento. La missione di Dio, o di qualsiasi uomo spirituale, è dare forza a chi è incerto, infondendo coraggio e positività. Nell’inquietudine si nasconde sempre un angolo di speranza”. Il Vescovo si è soffermato, poi, sulla parola ricucire in tutti gli ambiti. “Il graduale ritorno alla normalità rischia di diventare la tomba della memoria. Dio ci liberi dalla tentazione di passare la spugna sull’enorme numero di biografie e di progetti cancellati dal virus”. E ancora la parola morire. “Chi educherà gli uomini a morire li educherà a vivere. Il lascito della pandemia è che non possiamo vivere lontano dall’incontro, essere nel cuore di qualcuno è la chiave della qualità della vita. Anche nel buio peggiore, la luce della gratuità e della cura reciproca si è estesa in ogni fibra del nostro corpo comunitario”. Quarta parola: sguardi. “Chi pensa solo al proprio tornaconto, non è in grado di guardare oltre, non ha il coraggio di disegnare una rotta. Quando torneremo alla normalità, facciamoci custodi dello straordinario tesoro della possibilità di poter decidere. Educhiamoci a orientare i nostri occhi e sarà ancora più bello se non si tratterà di uno sguardo solitario”. Ultima parola: opportunità. “Ai nostri giovani dobbiamo dare quantomeno le stesse opportunità che sono state date a noi, anche l’opportunità di fare sacrifici: il sacrificio ti rende forte, ti aiuta a non soccombere”. Il Vescovo si è poi soffermato sui giovani che, in questo tempo, si sono spesi a servizio del prossimo. “Nei giovani riponiamo il nostro futuro, così come nella loro gratuitá disinteressata”.