Sabato 4 novembre alle ore 18 al Centro Pastorale

Il Consultorio presenta il tema guida 2023-2024

Sabato 4 novembre, alle ore 18, il Consultorio diocesano si presenterà a quanti avranno piacere di partecipare all’evento organizzato al Centro Pastorale Diocesano. Per l’occasione, verrà presentato il tema che guiderà i lavori tutto l’anno ovvero “La Paternità”. Interverrà il docente di filosofia Alessandro Pertosa autore del libro di poesie “Parola di Isacco” (ed. Puntoacapo). Il libro tratta del sacrificio di Isacco dal punto di vista del figlio e presenta, nella sua prefazione, un commento psicoanalitico alla tematica e al testo curato dalla dottoressa Cristiana Santini che prenderà parte alla discussione insieme al Vescovo Mons. Andrea Andreozzi e a don Francesco Pierpaoli, direttore del Consultorio. Condurrà la serata Ilaria Triggiani.

Abbiamo chiesto alla dottoressa Cristiana Santini di anticiparci una riflessione sull’argomento.
“La paternità e la maternità sono aspetti della genitorialità; non sono persone, non sono ruoli, ma sono concetti che illustrano funzioni fondamentali per l’accudimento e la crescita di un bambino. Non si possono comprendere se non in relazione fra loro. Lì dove la maternità rappresenta quei gesti, quei pensieri, quelle azioni necessarie a garantire la sopravvivenza fisica ed emotiva del bambino, l’attenzione allo spazio che lo include, al tempo che gli è necessario, affinché possa crescere e divenire forte abbastanza da camminare, da parlare, da affrontare il fuori che si trova oltre quella area di protezione, la paternità è fatta di quelle esperienze, atti, pensieri che rompono il guscio protettivo, necessario all’infante, soffocante per il bambino. La paternità opera tagli genera perdite, estrae la differenza, esclude e spaventa offrendo l’occasione di crescere e credere nel proprio “sapercela fare”. Paternità è scelta, necessaria a rinunciare all’assoluto che la maternità ci propone. La maternità ci garantisce la sopravvivenza, la paternità ci allena alla vita. In realtà, entrambe dovrebbero albergare nel genitore, funzionare insieme, poiché una maternità senza paternità è divorante e una paternità senza maternità è crudele. Abbiamo trasformato queste attitudini umane, fra loro indissolubili al fine di preservare la vita, in compiti, in ruoli. La complessità della struttura sociale del nostro tempo ci insegna a ripensare la genitorialità. Se il concetto di maternità è stato più spesso sondato, il concetto di paternità non ha ricevuto altrettanta attenzione. Si parla di padri, ma non di paternità. Eppure oggi la paternità è il passo mancante nello sviluppo di una personalità matura. Per ragioni inerenti anche alla cultura del pieno, del tutto, dell’avere, del massimo, senza perdite o rinunce, ciò che è difficile trovare sono proprio gli atti di paternità, che siano nei confronti della propria vita oppure di persone verso cui abbiamo delle responsabilità. Manca il pensiero stesso di dare tempo e spazio, di farsi da parte, di accettare di non sapere, di dover imparare, di non avere il controllo: opzioni ritenute inaccettabili. Eppure la paternità dell’essere risiede proprio in quella consapevolezza della propria parzialità, di un sapere che sarà sempre bucato, di un essere che non sarà mai definito, di una vita senza controllo. È proprio questa dimensione dell’essere e dell’esperienza della genitorialità che possono bonificare gli aspetti mortiferi dell’amore verso un figlio. Serve un taglio, la rinuncia al godimento offerto dal potere di generare, di plasmare, creare, rinunciare ad essere dei, potenti per lasciar andare, sostenendo, credere rischiando, amare rinunciando.

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