"La parrocchia: flessibile e aperta"

sala_fraternita_due.jpg“La parrocchia S. Famiglia sia come questa struttura che viene inaugurata: flessibile e aperta a tutti, famiglia di famiglie”. Con queste parole il Vescovo ha inaugurato domenica 23 dicembre alle ore 16 la “Sala della fraternità” dedicata a don Oreste Benzi. Walter Toni nel presentare il pomeriggio di inaugurazione ha ricordato con affetto filiale e paterno la figura di don Oreste mostrandone un suo video poco prima di tornare a Casa. Nel corso del pomeriggio hanno preso la parola il Sindaco, il presidente della BCC di Fano, il rappresentante della Fondazione 7 novembre, il presidente di Circoscrizione, l’architetto che ha ideato il progetto e don Vincenzo. In tale occasione è stato presentato l’ultima opera editoriale della Banca del Gratuito “Storie di famiglie. Storie di famiglie del primo testamento dopo i libri della Thora fino ad Ester”, pp. 197, a cura di Giorgio Magnanelli. Chi desidera acquistarlo può rivolgersi alla Parrocchia S. Famiglia (0721/861911) o presso Casa Nazareth (0721-865012).

Segue una presentazione del suddetto libro tratta dalla post-fazione scritta da Giorgio Magnanelli:La nostra Comunità si  è regalata, per i suoi venticinque anni questo libro, contenente una  straordinaria raccolta di catechesi bibliche del venerdì, condotte intorno ad un  itinerario intrecciato a partire da storie di famiglie del Primo Testamento, per  ricavarne – a volte con ardue, ma efficaci attualizzazioni – indicazioni a prima  vista improbabili, ma fin dal primo approfondimento, sorprendentemente preziose.  Preziose  per la vita delle nostre  famiglie, famiglie del Nuovo Testamento, per quella delle nostre comunità, dei  nostri consigli delle famiglie. Quale migliore occasione di quella della  celebrazione di un anniversario importante, che vorremmo fare con l’agevole stile della festa ma anche con quello più impegnativo della memoria, per   ripercorrere la storia della nostra comunità, nella quale è  irrimediabilmente spiaggiato un spezzone importante (per quantità e  qualità)  della storia della nostra  vita: vita che – si sa –  è  fatta  di volti e di  eventi  e non di tesi. Vita che si è sempre  snodata intorno ad un  nucleo  centrale, ad un  filo conduttore fisso: quello  della famiglia. Ciò ovviamente è  tutt’altro che casuale – se è vero come è vero – come diceva Don Oreste che è  stato per noi dall’inizio un maestro – che una parrocchia è nient’altro che  una “famiglia di famiglie”. E come tutte le famiglie, anche la nostra famiglia comunitaria muove a partire da una paternità spirituale indiscussa, di un padre che genera, genera  nella fede, nella misteriosa libertà dei figli di Dio. “Potreste infatti avere  anche diecimila pedagoghi, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho  generato in Cristo Gesù, mediante il Vangelo” (1 Cor 4,15).  Quella della trasmissione della fede è  l’esperienza più entusiasmante per un   catecumeno che viene preso per mano, accompagnato e svezzato al cibo  solido della fede, ma è anche – ne sono sicuro – un’esperienza entusiasmante per  una comunità, in cui  un  catecumeno, diventa a sua volta padre  spirituale, in grado di essere agevolatore, accompagnatore, curatore e  ammonitore, dilatando la fede di generazione in generazione, nel misterioso  disegno di Dio che “usa pazienza verso di noi, non volendo che alcuno perisca”  (2 Pt 3,9).Questo sentimento accomuna i fratelli di ogni ora. Quelli che possono dire: io c’ero in quel fatidico 20 dicembre 1981, quando, si celebrò la prima  messa  nella cappella del Seminario  come nuova parrocchia che si sarebbe chiamata Santa Famiglia (guai a dire  Sacra);  quelli che, come me, sono arrivati  qualche  anno dopo,  in seguito ad una scelta maturata a partire dalla consapevolezza di non poter stare troppo lontano da chi, tra i  primi,  gli aveva raccontato il  Vangelo; una scelta     fatta insieme ad un gruppo di amici che poi,  accogliendo il dono del diaconato e dei ministeri,  ci consentì di  servire pienamente la comunità cristiana nascente .Il 29 maggio 1982, abbiamo   inaugurato la baracca e il prefabbricato provenienti dal Friuli e  il 25 marzo 1990 siamo entrati nella  nuova Chiesa, quella grande, quella bella. Sono state pagine caratterizzate da una grande voglia di famiglia, che fin da subito abbiamo intuito come motore di  ogni comunità. Ma sono state anche pagine caratterizzate da una grande voglia di  concretezza, dalla forza dell’esperienza e dalla concretezza della vita unite al  coraggio della fede. Siamo anche stati una comunità che, al motto di “la  provvidenza provvede ma non careggia”,   è stata  versatile anche  nella difficile e altamente selettiva arte del rimboccarsi le maniche: la chiesa  in legno, la chiesa in mattoni, Casa Nazareth, fisicamente in rapporto di  figlia-matrice con la prima baracca di cui ha incorporato alcuni moduli nella  cappella dei Martiri Trappisti d’Algeria, infine la Sala della Fraternità,  inaugurata in occasione di questi venticinque anni e di questo libro e che…  come potrebbe non essere intitolata a  Don Oreste, trasferendone il bellissimo ritratto che è in Casa Nazareth.  Insomma…  legno e mattoni  e   comunità che vive e vibra. Quando il nostro Parroco era in vena di confidenze, ci raccontava che nel dicembre 1981, poco dopo l’avvio della nuova Parrocchia,  un amico sacerdote gli aveva fatto  trovare sotto il cuscino un biglietto in cui era riportato il testo degli Atti  che racconta della fondazione della Chiesa di Corinto da parte di Paolo. Potete  andare a rileggere At 18, 9-11. E da venticinque anni, ogni venerdì che manda il Padre Eterno, alle nove e un quarto, ci ritroviamo a raccontarci il Vangelo. E ora abbiamo passato il testimone alle Tribù. La Parola, pendaglio in mezzo ai nostri  occhi! La Parola lampada ai nostri  passi! La Parola costitutiva di tutto, anche della famiglia. Quella della Parola è stato un tratto d’identità della Santa Famiglia, un pallino, un chiodo fisso, un filo conduttore imprescindibile. Il momento della  catechesi biblica del venerdì (solo da alcuni anni ci è nuovamente consentito di  chiamarlo biblico!) abbiamo sempre cercato di viverlo come una dilatazione  dell’eucaristia domenicale: abbiamo sempre cercato di farne la “Parola spezzata”  dopo il “Pane spezzato”, che deve trovare la sintesi nella “Vita spezzata”:  nell’accoglienza, nella gratuità, nella condivisione. Perché sopra tutto è la  carità, il condimento della fede, com’è scritto nel  Corano. Sarebbe bello ripercorrere, (ma forse sarebbe difficile anche semplicemente citare), le infinite intuizioni pastorali, catechetiche, liturgiche, politiche, sociali, esistenziali con la famiglia al centro, attraverso cui, la nostra   Comunità  è giunta al  traguardo dei i suoi primi venticinque anni. I gruppi Nazareth, il diaconato e i  ministeri laicali, le case di accoglienza, le associazioni, le cooperative, i  cenobi famigliari, la scuola di pace, la cattedra dei non credenti,  l’ecumenismo, il dialogo interreligioso, auspice una moschea di là della  strada,  le missioni, le famiglie  fidei donum, i detenuti, i giovani, i bambini, la liturgia della Parola  separata, la lectio alle sei e mezzo, l’eucaristia del mattino, la benedizione a  braccia incrociate, le dodici Tribù convesse sulla Parola…. ma potrei  continuare. Insomma tutte quelle impalcature della Parrocchia-cantiere su  cui  abbiamo scritto un libro a più  mani, intitolato, guarda caso “Lettera alla Parrocchia”. E i progettisti, gli architetti, i muratori e i carpentieri di questo cantiere sono state certamente  le famiglie. In questi venticinque anni, da questa Comunità abb
iamo imparato, dunque, in primo luogo, l’amore per le Scritture, che non è più venuto meno,  in cui le nostre  famiglie hanno costantemente cercato di
  specchiare la propria vita, nella gioia e nel dolore, in mezzo alla fatica e  alle infedeltà, ma pur traendone sempre acqua e cemento. Un  confronto che solo può darci quel  coraggio che non abbiamo a   scrollare ogni resistenza, ogni paura, ogni remora alla costruzione del  Regno, attività che attraversa la vita della famiglia e di cui la famiglia è  artefice fondamentale. In questi venticinque anni, da questa Comunità abbiamo imparato il  Vangelo stesso della famiglia: quello che   pone al centro la carità verso i piccoli, vero ed autentico  cuore del Vangelo. Abbiamo imparato  l’amore per la famiglia, per la famiglia ospitale e dai larghi confini, come quella del Primo Testamento. In questi venticinque anni, da questa Comunità abbiamo imparato  l’amore per la Chiesa. Una chiesa “di”  poveri. Una chiesa vista sempre come famiglia (ancora!): la famiglia di Dio in  viaggio verso la Casa del Padre. Un amore senza confini, senza preclusioni,  senza condizioni. In questi venticinque anni, da questa Comunità abbiamo imparato l’amore per la solidarietà cristiana, per la gratuità, per l’accoglienza, per la sobrietà, come stile di vita personale, comunitaria e sociale, per la suprema  sacralità della vita che va difesa e basta…  che va difesa e sempre…  senza se e senza  ma. In questi venticinque anni, da questa Comunità abbiamo imparato l’amore per l’Eucaristia, culmen et fons – come la chiamava  il Concilio – di tutta la vita  cristiana. L’amore per la liturgia, mai rito sterile e fine a se stesso, sempre  momento di sintesi della vita della comunità riunita alla mensa eucaristica  che porta e offre davanti al Signore  l’intera settimana. 
In questi venticinque anni, da questa Comunità abbiamo imparato l’amore per la domenica, giorno del Signore e Signore dei giorni, che – aimé – abbiamo  troppo raramente  celebrato  insieme. In questi venticinque anni, da questa Comunità abbiamo imparato la bellezza della vita comune, quella cantata dal Salmo 133: “Ecco, quanto è bello  e quanto è soave che i fratelli vivano insieme…” In questi venticinque anni, da questa Comunità abbiamo imparato a sentire nostre le preoccupazioni per il mondo intero, per l’Europa e per le sue radici  cristiane, per la città degli uomini, per la cosa pubblica, per la vita, sintesi  suprema dell’umana condizione voluta per noi dal Padre Eterno. Noi famiglie della Santa Famiglia, attingendo alle tante storie delle Famiglie del Primo Testamento raccontate   in questo libro, pur con tanti limiti e tanti momenti di fatica e tante omissioni, chiediamo al Signore di poter ancora essere per la Sua misericordia,  piccola porzione ed immagine autentica di una parrocchia missionaria . Nei momenti di intensa gioia spirituale vissuta in comunità don Vincenzo ama dire  ” Questa la Chiesa per cui  mi sono fatto prete”! Anche noi come famiglie vogliamo ringraziare il Signore  per averci dato una  fraternità parrocchiale in cui tante volte in 25 anni abbiamo sperimentato la gioia di essere cristiani.