In India il dramma dei cristiani non si attenua: in migliaia continuano a cercare rifugio dalle violenze nelle foreste mentre il mondo sta a guardare. Sulla situazione nel Paese asiatico ascoltiamo il direttore di AsiaNews padre Bernardo Cervellera. R. – La situazione in India è tragica: ogni giorno avvengono assassinii ed uccisioni di persone costringendole a cambiare religione, cioè a lasciare il cristianesimo… per tornare all’induismo sotto la minaccia delle armi. Ci sono già molti martiri che hanno proprio rifiutato di cambiare religione e sono stati uccisi. Poi ci sono tantissimi sfollati, persone fuggitive che hanno avuto la loro casa distrutta e che vivono nelle foreste dell’Orissa, con le malattie, senza cibo, senza cure: ci sono almeno 30 mila persone. E poi ci sono persone nei campi di rifugio governativi ma dove però vengono, anche lì, attaccati dai radicali indù. Quindi la situazione è veramente molto tragica e in più c’è quasi un’ironia malvagia in tutto questo perché i radicali indù hanno cominciato questo pogrom contro i cristiani, dicendo che i cristiani erano responsabili di aver ucciso un loro leader. Invece, proprio in questi giorni, da parte del leader maoista dell’Orissa, è venuta fuori la dichiarazione esplicita che sono stati loro ad ammazzarlo, rivendicando appunto l’uccisione di questo leader. Quindi, tutta questa carneficina, tutto questo sacrificio, è totalmente ingiusto.D. – Sabato scorso, durante la beatificazione di don Francesco Bonifacio, mons. Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha denunciato l’indifferenza del mondo di fronte alle persecuzioni anticristiane: “Si fanno campagne per la protezione degli animali, ha detto, ma nessuna campagna è stata fatta in difesa dei cristiani perseguitati”. Perché non si fa nulla?
R. – Io penso che anzitutto c’è da dire che l’India spesso, il governo indiano – sia quello locale, sia quello internazionale, sia quello centrale – ha fatto poco perché ha dei motivi politici per non muoversi troppo perché si avvicinano le elezioni e quindi non si vogliono perdere i voti del mondo indù, e quindi lasciano pure che vengano ammazzati dei cristiani. Poi c’è soprattutto un’indifferenza da parte del resto della comunità internazionale, dell’Occidente in particolare. Il problema è che, molto spesso, queste violenze contro i cristiani, sono considerate delle cose molto secondarie. Cioè, la libertà religiosa e quindi la vita dei cristiani, è considerata una cosa molto secondaria rispetto al mercato, rispetto alla politica. Questo è quindi il problema. In realtà succede che, siccome si sta eliminando Dio dall’Occidente, allora si pensa che anche se ci sono queste comunità religiose che vengono massacrate non è importante perché il mondo invece è fatto soltanto dal potere dei soldi e dell’economia.
D. – Cosa possono fare i cristiani nel mondo?
R. – I cristiani anzitutto, come dice la Lettera agli Ebrei, devono portare, devono condividere le catene di coloro che sono imprigionati e quindi, devono condividere, in qualche modo, la vita e la sorte di questi cristiani, pregando, aiutando, sostenendo ma anche dibattendo, parlando. Perché il problema è questo: come diceva Giovanni Paolo II, la libertà religiosa è una cartina di tornasole per tutti gli altri diritti umani. Se non c’è la libertà religiosa, prima o poi non ci sarà né la libertà di mercato, né la libertà di commercio, né una fraternità e solidarietà nel mondo, di cui oggi, con questa crisi internazionale, avremmo tantissimo bisogno.