Saper cogliere il buono in questo tempo di crisi economica. Reciprocità

zamagni.jpg“Siamo di fronte a un’occasione storica: applicare il concetto di dono anche nella reciprocità che si sviluppa dentro il mercato, non solo al di fuori di esso, come in famiglia o nella parrocchia”. Potrebbe essere questa una conseguenza “buona” della crisi economica, uno sviluppo imprevisto e positivo, oltre che un auspicio per Stefano Zamagni, docente di Economia politica all’Università di Bologna e presidente della Fondazione per il volontariato… Zamagni è intervenuto i giorni scorsi a Milano alla presentazione del libro edito da Vita e pensiero “Quello che circola tra noi. Dare, ricevere e ricambiare” di Jacques T. Godbout. “Avere imprese che praticano la reciprocità non è un’utopia – ha detto ancora Zamagni – ma tale la considera solo chi non vuole averne”. La loro scarsa diffusione è dovuta al fatto che “l’assetto giuridico della società è derivato da due paradigmi, quello olistico e quello individualistico, che non sono molto diversi tra loro, perché entrambi si rifanno a un interesse, quello del singolo o quello di un gruppo”. I problemi economici, dunque, non sono derivanti dalla crisi dell’economia di mercato, ma da quella del capitalismo: “L’economia di mercato tiene, è solida – afferma ancora Zamagni – ed è ben più vecchia del capitalismo, essendo nata tre secoli prima di questa grazie a francescani come Antonino da Firenze, che la orientarono al bene comune”.
“Per questo – afferma ancora Zamagni – se vogliamo ricostruire le basi di un’economia di mercato orientata al bene comune dobbiamo rivedere anche il welfare della società”. E, in linea con la critica avanzata anche di recente, a seguito della pubblicazione dei dati Caritas sul crescente impoverimento della classe media in Italia, che scivola sempre di più sotto la soglia di povertà significa dunque superare il “welfare state, insieme di poltiche che tendono a migliorare le condizioni di vita delle persone nei diversi comparti, la sanità, l’assistenza. Oggi bisogna guardare alla welfare society, che tende a migliorare le capacità di vita. Il primo modello può fare a meno della reciprocità, il secondo no”. Questo perché “per aumentare le nostre capacità non abbiamo solo bisogno di beni di giustizia, che discendono da un dovere, ad esempio dello stato, ma anche di beni di gratuità, o relazionali, quelli che derivano dal legame, dall’obbligazione”. L’economista critica dunque l’autore francese Godbout, secondo cui il dono non può trovare spazio dentro l’economia di mercato, perché ne è l’antitesi. “Nella relazione di reciprocità all’interno di un’economia di mercato – spiega Zamagni – io posso darti qualcosa che mi restituirai quando potrai e quando sarà nelle tue possibilità farlo. Vuol dire questo avere delle imprese che praticano la reciprocità”.