Benedetto XVI e Napolitano: nei messaggi un forte appello "a non aver paura e ad un riscatto umano di solidarietà".

(testo di Benedetto XVI in sintesi e testo integrale di Napolitano) “La presenza di Cristo è un dono che dobbiamo saper condividere con tutti”: così il Papa questa sera, nella Basilica Vaticana, durante i Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, seguiti dal tradizionale Te Deum. Nella sua omelia, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero particolare ai giovani ed alla crisi economica e sociale che coinvolge il mondo intero… Al termine della celebrazione, il Santo Padre ha sostato in preghiera davanti al Presepe di Piazza San Pietro. Due “realtà inscindibili” che formano un “unico mistero”: il legame che avvolge Gesù, “uomo-Dio” e “la maternità divina di Maria” è proprio questo. E il Papa lo ricorda, celebrando i Primi Vepri della Solennità della Santissima Madre di Dio perché, aggiunge, “il Natale di Cristo è interamente soffuso della luce di Maria” ed il nostro sguardo “non può non volgersi riconoscente” verso Colei che “con il suo sì ha reso possibile il dono della Redenzione”. Ed è da qui che scaturisce il nostro sentimento di grazie al Signore: Questa sera vogliamo porre nelle mani della celeste Madre di Dio il nostro corale inno di ringraziamento al Signore per i benefici che lungo i passati dodici mesi ci ha ampiamente concessi. Il primo sentimento, che nasce spontaneo nel cuore questa sera, è proprio di lode e di azione di grazie a Colui che ci fa dono del tempo, preziosa opportunità per compiere il bene; uniamo la richiesta di perdono per non averlo forse sempre utilmente impiegato.
Poi, Benedetto XVI si sofferma sulla vicinanza di Dio all’uomo, sul “Verbo eterno del Padre”, venuto al mondo “per restare con noi, per essere il nostro insostituibile sostegno, specialmente nelle inevitabili difficoltà di ogni giorno”. Una vicinanza, aggiunge il Papa, che i cristiani devono diffondere nel mondo:
La presenza di Cristo è un dono che dobbiamo saper condividere con tutti. (…) L’incontro con Cristo (…) rinnova l’esistenza personale e ci aiuta a contribuire alla costruzione di una società giusta e fraterna. Ecco allora che, come credenti, si può dare un grande contributo anche per superare l’attuale emergenza educativa. Quanto mai utile è allora che cresca la sinergia fra le famiglie, la scuola e le parrocchie per una evangelizzazione profonda e per una coraggiosa promozione umana, capaci di comunicare a quanti più è possibile la ricchezza che scaturisce dall’incontro con Cristo.
Viviamo tempi “segnati da incertezza e preoccupazione per l’avvenire”, continua il Santo Padre, tempi in cui “è necessario sperimentare la viva presenza di Cristo”, aiutati da “Maria, Stella della speranza, che a Lui ci conduce”. Lei che, “con il suo materno amore, può guidare a Gesù specialmente i giovani”:

Cari giovani, responsabili del futuro di questa nostra città, non abbiate paura del compito apostolico che il Signore vi affida, non esitate a scegliere uno stile di vita che non segua la mentalità edonistica corrente. Lo Spirito Santo vi assicura la forza necessaria per testimoniare la gioia della fede e la bellezza di essere cristiani. Le crescenti necessità dell’evangelizzazione richiedono numerosi operai nella vigna del Signore: non esitate a rispondergli prontamente se Egli vi chiama.
Quindi, da Roma lo sguardo del Papa si allarga ed il suo pensiero va al periodo critico che stanno attraversando tutti i Paesi del mondo:
Cari fratelli e sorelle, quest’anno si chiude con la consapevolezza di una crescente crisi sociale ed economica, che ormai interessa il mondo intero; una crisi che chiede a tutti più sobrietà e solidarietà per venire in aiuto specialmente delle persone e delle famiglie in più serie difficoltà. La comunità cristiana si sta già impegnando e so che la Caritas diocesana e le altre organizzazioni benefiche fanno il possibile, ma è necessaria la collaborazione di tutti, perché nessuno può pensare di costruire da solo la propria felicità.
Ma “anche se all’orizzonte vanno disegnandosi non poche ombre sul nostro futuro”, conclude Benedetto XVI, “non dobbiamo avere paura”, perché “la nostra grande speranza di credenti è la vita eterna nella comunione di Cristo e di tutta la famiglia di Dio”. Una speranza che ci dà la forza di “affrontare e superare tutte le difficoltà del mondo”.

Il testo del discorso del Presidente Napolitano 31 dicembre 2008

Questa vigilia del nuovo anno è dominata, nell’animo di ciascuno di noi, dallo sgomento per le notizie e le immagini che ci giungono dal cuore del Medio Oriente. Si è riaccesa in quella terra una tragica spirale di violenza e di guerra. Una spirale che va fermata. Lo chiedono l’Italia, l’Unione Europea, le Nazioni Unite, il Pontefice : sentiamo oggi, mentre vi parlo, che questo è il nostro primo dovere, riaprire la strada della pace in una regione tormentata da così lungo tempo. Parto di qui per rivolgere il mio tradizionale messaggio di auguri a voi tutti, italiani di ogni generazione e di ogni condizione sociale, residenti nel nostro paese e all’estero – ai servitori dello Stato, ai civili ed ai religiosi operanti per il bene della comunità, alle forze dell’ordine e alle Forze Armate, e con speciale calore e riconoscenza ai nostri militari impegnati in missioni difficili e rischiose per garantire la pace e sradicare il terrorismo nelle regioni più critiche. Nel rivolgervi questo augurio, non ignoro la forte preoccupazione che ci accomuna nel guardare all’anno che sta per iniziare.

Un anno che si preannuncia più difficile, e che ci impegna a prove più ardue, rispetto alle esperienze vissute da molto tempo a questa parte. Nel corso del 2008 è scoppiata negli Stati Uniti d’America una sconvolgente crisi finanziaria, che ha investito molti altri paesi, anche in Europa, e che sta colpendo l’intera economia mondiale. Dobbiamo guardare in faccia ai pericoli cui è esposta la società italiana, senza sottovalutarne la gravità : ma senza lasciarcene impaurire. L’unica cosa di cui aver paura è la paura stessa. Vorrei in sostanza parlare questa sera con voi il linguaggio della verità, che non induce al pessimismo ma sollecita a reagire con coraggio e lungimiranza. Sono convinto che possiamo limitare le conseguenze economiche e sociali della crisi mondiale per l’Italia, e creare anzi le premesse di un migliore futuro, se facciamo leva sui punti di forza e sulle più vive energie di cui disponiamo.

A condizione che non esitiamo ad affrontare decisamente le debolezze del nostro sistema, le insufficienze e i problemi che ci portiamo dietro da troppo tempo. Facciamo della crisi un’occasione per liberarcene, guardando innanzitutto all’assetto delle nostre istituzioni, al modo di essere della pubblica amministrazione, al modo di operare dell’amministrazione della giustizia. C’è ragione di essere seriamente preoccupati per l’occupazione, per le condizioni di chi lavora e di chi cerca lavoro, e per le famiglie più bisognose. E c’è da esserne preoccupati in special modo guardando al Mezzogiorno, che non ha fatto i passi avanti necessari e rischia di essere più di altre parti del paese colpito dalla crisi, se non vi si dedica l’impegno che ho di recente sollecitato con forza. L’occupazione in Italia è, da diversi anni, cresciuta. Ma ora è a rischio. Mi sento perciò vicino ai lavoratori che temono per la sorte delle loro aziende e che potranno tutt’al più contare sulla Cassa Integrazione, così come ai giovani precari che vedono con allarme avvicinarsi la scadenza dei loro contratti, temendo di restare privi di ogni tutela. Parti sociali, governo e Parlamento dovranno farsi carico di questa drammatica urgenza, con misure efficaci, ispirate a equità e solidarietà. Mi sento, egualmente, vicino alle famiglie, specie a quelle numerose, o che comunque fanno affidamento su un solo reddito, sulle quali pesa la difficoltà per le donne di trovare lavoro, e che non hanno abbastanza per soddisfare bisogni fondamentali : e quelli che ne soffrono di più sono i bambini. Hanno fatto scalpore nei giorni scorsi le statistiche ufficiali sulla povertà in Italia : ed è parola che esitiamo a pronunciare, è realtà non semplice da definire e da misurare. Sono comunque troppe le persone e le famiglie che stanno male, e bisogna evitare che l’anno prossimo siano ancora di più o stiano ancora peggio. Dalla crisi deve, e può, uscire un’Italia più giusta. Facciamo della crisi un’occasione per impegnarci a ridurre le sempre più acute disparità che si sono determinate nei redditi e nelle condizioni di vita ; per riformare un sistema di protezione sociale squilibrato e carente ; per elevare, a favore dei figli delle famiglie più modeste, le possibilità di istruzione fin dai primi anni e di ascesa nella scala sociale. Ci sono stati in questi mesi dibattito e confronto in Europa e in Italia sui temi del clima e dell’energia, sui temi dell’innovazione necessaria e possibile. Lo sforzo che in questo momento va compiuto per sostenere le imprese – grandi, medie e piccole – che sono in difficoltà pur essendosi mostrate capaci di ristrutturarsi e di competere, non può essere separato dall’impegno a promuovere indirizzi nuovi per lo sviluppo futuro dell’attività produttiva in Italia. Vanno in particolare colte le opportunità offerte dalle tecnologie più avanzate per l’energia e per l’ambiente. Facciamo della crisi l’occasione per rinnovare la nostra economia, e insieme con essa anche stili di vita diffusi, poco sensibili a valori di sobrietà e lungimiranza. Ho, nel corso di quest’anno, levato più volte la mia voce per sollecitare attenzione verso le esigenze del sistema formativo, del mondo della ricerca, e delle Università che ne rappresentano un presidio fondamentale.

E’ indispensabile, per il nostro futuro, un forte impegno in questa direzione, operando le scelte di razionalizzazione e di riforma che s’impongono sia per ottenere risultati di qualità sia per impiegare in modo produttivo le risorse pubbliche. A ciò deve tendere un confronto aperto e costruttivo, al quale può venire un valido apporto anche dalle rappresentanze studentesche, come ho avuto modo di constatare in diverse città universitarie, da Roma a Milano a Padova. Facciamo della crisi un’occasione perché l’Italia cresca come società basata sulla conoscenza, sulla piena valorizzazione del nostro patrimonio culturale e del nostro capitale umano. Spero di aver dato, almeno per qualche aspetto, il senso dell’atteggiamento da tenere dinanzi alla pesante crisi che si farà sentire anche in Italia nell’anno che ora inizia. Non spetta a me indicare quali decisioni vadano prese in via immediata. Il governo è intervenuto innanzitutto per porre il nostro sistema bancario, che pure è apparso meno esposto, al riparo da rischi gravi, e si sta confrontando con ulteriori esigenze di intervento, sul versante economico e sul versante sociale. In seno al Parlamento – la cui capacità di giudizio e di proposta resta fondamentale nel nostro sistema democratico – tocca a ognuno fare la sua parte, in un clima di reciproco ascolto e senza pregiudiziali chiusure. Nel far fronte alla crisi, l’Italia non agisce da sola. Agisce come parte di quella Europa unita che si conferma come non mai un punto di riferimento essenziale : e siamo orgogliosi di avere concorso con tenacia e coerenza a costruirla.

Tuttavia, l’Italia è condizionata nelle sue scelte dal peso dell’ingente debito pubblico accumulato nel passato, e nessuno può dimenticarsene nell’affrontare qualsiasi problema. Dobbiamo considerare la crisi come grande prova e occasione per aprire al paese nuove prospettive di sviluppo, ristabilendo trasparenza e rigore nell’uso del danaro pubblico. E’ una grande prova e occasione non solo per l’Italia. La portata della crisi è tale da richiedere imperiosamente il massimo sforzo di concertazione tra i protagonisti dell’economia mondiale, per definire nuove regole capaci di assicurare uno sviluppo sostenibile, ponendo fine alla frenesia finanziaria che ha provocato stravolgimenti e conseguenze così gravi. Il mondo in cui viviamo è uno, e come tale va governato. Per l’Italia, la prova più alta – in cui si riassumono tutte le altre – è quella della nostra capacità di unire le forze, di ritrovare quel senso di un comune destino e quello slancio di coesione nazionale che in altri momenti cruciali della nostra storia abbiamo saputo esprimere. Ci riuscimmo quando dovemmo fare i conti con la terribile eredità della seconda guerra mondiale : potemmo così ricostruire il paese, far rinascere la democrazia, stipulare concordemente quel patto costituzionale che è ancora vivo e operante sessant’anni dopo, creare le condizioni di quella lunga stagione di sviluppo economico e civile che ha trasformato l’Italia. E ci riuscimmo ancora quando più tardi sconfiggemmo il terrorismo. Dobbiamo riuscirci anche ora, a partire dall’anno carico di incognite che ci attende. Ed è una prova non solo per le forze politiche, anche se è essenziale che queste escano da una logica di scontro sempre più sterile. Esse possono guadagnare fiducia solo mostrandosi aperte all’esigenza di un impegno comune, ed esprimendo un nuovo costume, ispirato davvero e solo all’interesse pubblico. E’ una crisi senza precedenti come quella attuale che chiama ormai a un serio sforzo di corresponsabilità tra maggioranza e opposizione in Parlamento, per giungere alle riforme che già sono all’ordine del giorno e che vanno condivise. Tutto ciò è importante e tuttavia non basta.

Sono chiamate alla prova tutte le componenti della nostra società, l’insieme dei cittadini che ne animano il movimento, in una parola l’intera collettività nazionale. Questo è lecito attendersi dalle generazioni che oggi ne costituiscono la spina dorsale : un’autentica reazione vitale come negli anni più critici per il paese. Lo spirito del mio messaggio – italiane e italiani – corrisponde alla missione che i padri della Costituzione vollero affidare al Presidente della Repubblica : unire gli italiani, tenendosi fuori dalla competizione tra le opposte parti politiche, rappresentando, col massimo scrupolo d’imparzialità e indipendenza, i valori in cui possono riconoscersi tutti i cittadini. I valori costituzionali, nella loro essenza ideale e morale. Il valore, sopra ogni altro, dell’unità nazionale. I valori della libertà, dell’uguaglianza di diritti, della solidarietà in tutte le necessarie forme ed espressioni, del rispetto dei ruoli e delle garanzie che regolano la vita delle istituzioni. Sento che questo è il mio dovere, questa è la mia responsabilità. E vi ringrazio per le manifestazioni di simpatia e di fiducia, per gli schietti e significativi messaggi che mi giungono da tanti di voi : mi confortano e mi spronano. A voi che mi ascoltate, a tutti gli italiani, a tutti coloro che venendo da lontano operano in Italia nel rispetto delle regole e meritano il pieno rispetto dei loro diritti, un augurio più che mai caloroso e forte per l’anno che nasce. Per difficile che possa essere, lo vivremo con animo solidale, fermo, fiducioso.