"Siate testimoni delle verità che proponete ai vostri studenti". Crociata al convegno sulla pastorale scolastica

“Mettendo al primo posto la persona vi collocate felicemente nella scia del Convegno ecclesiale di Verona che ci invita a rinnovare le forme dell’annuncio nei diversi tempi e luoghi”: lo ha detto l’11 febbraio a Roma mons. Mariano Crociata…, segretario generale della Cei, aprendo il convegno nazionale di pastorale della scuola “Promuovere la persona per rigenerare la scuola: comunità merito equità. Il contributo dei cattolici”. Presenti all’incontro, che si chiude domani, i rappresentanti di 62 uffici diocesani e di 9 Conferenze ecclesiastiche regionali, oltre ad associazioni laicali di genitori, studenti e docenti di scuola statale e non statale, e a federazioni di scuole cattoliche e di ispirazione cristiana e della formazione professionale.Testimoni di speranza e verità. “La pastorale della scuola – ha osservato mons. Crociata – è proprio l’interesse per l’uomo dispiegato dalla Chiesa nella scuola secondo le modalità e i tempi di quest’ultima”. Promuovere la persona, ha sottolineato citando un’affermazione di Benedetto XVI, “è un’opera di carità intellettuale che ci chiede di promuovere la perfezione e la gioia di coloro che devono essere guidati. In questo consiste la vera dignità dell’educazione”. Per essere autentica, ha precisato il segretario Cei, “l’educazione deve avere il coraggio di risvegliare anche la capacità di decisioni definitive, indispensabili per raggiungere qualcosa di grande nella vita”. Di qui l’interrogativo: “Forse questo approccio ci limita o ci esclude dal dibattito in corso per il rinnovamento delle istituzioni scolastiche?”. “No – è la risposta del presule -: la scuola ha solo da guadagnare da una presenza motivata e coerente di cattolici che sappiano tradurre in forme concrete il patrimonio della loro tradizione religiosa, educativa e culturale”. Infine l’invito conclusivo del segretario generale Cei, che rimanda ancora una volta al pensiero del Papa: “Siate testimoni di speranza vivendo la verità che proponete ai vostri studenti”.

Autonomia e parità. Per mons. Bruno Stenco, direttore dell’Ufficio nazionale della Cei per l’educazione, la scuola e l’università, non è possibile parlare di scuola come “comunità di apprendimento” senza aver risolto “la questione della riforma dell’autonomia, della parità scolastica e anche del federalismo”. “Su questi punti – ha proseguito il direttore dell’Ufficio Cei – i cattolici oggi possono offrire un contributo alla scuola, solo se sapranno affrontare queste questioni alla luce di principi fondamentali: la centralità della persona, il concetto di comunità, il concetto di sussidiarietà da coniugare con quello di equità”. “Nelle due legislature precedenti all’attuale – ha fatto notare – sono stati approvati due ambiziosi progetti di riforma, che non hanno tuttavia determinato il cambiamento di cui la scuola ha bisogno”. In altre parole, “ai progressi, ancora incompleti, in termini di quantità non hanno risposto miglioramenti sul piano della qualità”. Lo dimostrano i dati del Libro Bianco sull’istruzione, pubblicato nell’ottobre 2007: il 21% dei ragazzi fra i 18 e i 24 anni esce dal sistema di istruzione senza una qualifica professionale, il 41% di essi viene promosso con debiti formativi e solo uno su quattro riesce a colmarli, mentre “le indagini internazionali mostrano livelli di apprendimento da parte degli studenti inferiori a quelli di altri Paesi industrializzati, con una situazione di forte criticità nel Sud e insoddisfacente nel Centro”.

Formazione integrale della persona. “È doveroso farsi carico dell’obiettivo di qualificare la scuola in termini di efficacia ed efficienza”, avverte allora mons. Stenco, ma “non si può isolare il discorso qualitativo dell’eccellenza dell’apprendimento dal riferimento alla formazione integrale della persona, cioè dal tema della sua crescita come cittadino e come professionista in un contesto di solidarietà, di aiuto reciproco, di corresponsabilità; pertanto il contributo dei cattolici deve porsi come equilibrio tra quantità e qualità, equità e sussidiarietà, eccellenza e socializzazione”. Oggi, osserva, le politiche scolastiche “puntano a raggiungere obiettivi di qualificazione della scuola attraverso norme e direttive che si propongono di valorizzare il merito, premiare l’eccellenza, ripristinare strumenti di valutazione per rendere più autorevole l’insegnamento, favorire processi di emulazione e anche di competizione tra istituzioni”. In realtà “la crisi della scuola è più profonda. Riguarda il senso stesso dell’istruzione e della formazione e non solo le sue modalità; riguarda lo stesso rapporto tra studenti – docenti – genitori, e tocca profondamente le motivazioni dello studio e dello studio in un contesto comunitario”. Pertanto, è la conclusione del responsabile dell’Ufficio Cei, “va condiviso il proposito di qualificare la scuola, di renderla meritocratica, di puntare all’eccellenza dei risultati, di renderla selettiva, ma occorre ribadire con forza che puntare all’eccellenza dello studio e della ricerca sarà possibile solo se si pone al centro la persona dello studente”, considerata però “all’interno di una vera comunità educativa e solidale di pensiero e di apprendimento”.