“Se il prete non vive sane relazioni con i confratelli è a rischio identità”. Sociologo Diotallevi

“I rischi maggiori che un prete oggi può correre circa la propria vocazione e identità risiedono più in aspetti qualitativi che non quantitativi, e riguardano principalmente la competenza teologica e la capacità relazionale a partire da quella con i propri fratelli nel presbiterio”. Lo ha detto …il sociologo Luca Diotallevi, intervenendo con una relazione su come la sociologia vede il presbitero al convegno degli assistenti Unitalsi (Roma, 11-13 gennaio) dedicato all’Anno Sacerdotale. Secondo Diotallevi, le “trasformazioni quantitative del clero italiano non dovrebbero presentare gravi problemi per almeno una decina di anni. Si registra infatti un lieve calo numerico ma il corpo presbiterale dovrebbe sostanzialmente tenere”. “Piuttosto – ha aggiunto il sociologo – occorre che i preti riflettano molto sulla loro identità di professionisti della fede sapendo mantenere un ruolo autorevole di fronte alle molteplici istanze spirituali, sociali ed umane in senso lato che le persone possono porre loro”. Il sociologo ha sottolineato che oggi “siamo di fronte ad un innalzamento dell’età media di ordinazione che indica che le vocazioni adulte stanno diventando molto rilevanti dal punto di vista numerico. Ciò può voler dire che il prete in quanto ‘professionista della fede’ sia più consapevole e convinto del servizio specifico cui la Chiesa e il proprio vescovo lo destina”.