Mario Zanotti, monaco di Fonte Avellana, è stato ordinato diacono dal Vescovo Trasarti l'8 dicembre. La sua testimonianza: "L'incondizionata gratuità del vivere eremitico"

Mario Zanotti (OSBcam) è un monaco del monastero di Fonte Avellana. E’ nato a Torino il 20 aprile 1968, dottore forestale poi entrato in monastero nel gennaio 1998. Professione semplice 1 novembre 2000 e professione solenne 11 luglio 2007. Studia a Strasburgo in Francia Teologia dal 2001 al 2007.  Poi si dedica alla fondazione del nuovo monastero camaldolese in Tanzania. Ora è stabile a Fonte Avellana. Qui si racconta alla vigilia dell’ordinazione …

TESTIMONIANZA
Il ministero ordinato nella Chiesa è il servizio che nasce dalla preghiera sulla Parola di Dio, e prende corpo nella celebrazione eucaristica comunitaria e nell’amore dei fratelli. Questo servizio ministeriale nella Chiesa è unico (con gradi diversi: episcopato, presbiterato e diaconato) ma si declina in modalità proprie secondo lo stato di vita in cui ci si trova. Pertanto il ministero ordinato in ambito monastico è diretto in primo luogo alla cura e al nutrimento dei fratelli con cui si condivide la stessa vocazione.

Pur non avendo oggi i monaci Camaldolesi un’attività pastorale diocesana sono tuttavia impegnati su vari fronti in un’opera di predicazione e di accoglienza nelle loro case a persone in ricerca di nutrimento spirituale. Dai tempi in cui il cardinale Montini (poi papa Paolo VI) chiedeva ai Camaldoli una nuova apertura e una differente postura a servizio alla Chiesa fino ad oggi, i monaci camaldolesi hanno mutato e adattato le loro modalità di vita e consuetudini per venire incontro alla richiesta da parte dei papi e dei vescovi di condivisione di vita e di testimonianza di fede. Richiesta che ha sempre toccato e interpellato l’esperienza monastica, in particolare camaldolese, fin da san Romualdo e san Pier Damiani: il primo sacerdote, il secondo cardinale, vissero sulla loro pelle la difficile conciliazione tra due attitudini di vita differenti:  da una parte la gratuità della vita monastica nata senza alcun fine se non quello di lodare Dio nella preghiera e nel lavoro, liberi da ogni preoccupazione di “produrre” effetti immediati e diretti; dall’altra la ricerca della gerarchia ecclesiale di buoni alleati nell’evangelizzazione dei laici e nella formazione del clero. Questa tensione ha sempre creato dibattiti e perfino opposizioni tra i sostenitori della incondizionata gratuità del vivere eremitico e monastico e coloro che si sentivano chiamati a rendere conto della propria fede oltre che con la loro testimonianza di vita anche con l’azione sacramentale e pastorale. A tutt’oggi la questione è aperta e credo che sia un bene che lo resti, come il sale su una ferita sempre viva che non smette di suscitare differenti risposte secondo la ricchezza dei doni dello Spirito Santo e dei carismi personali.

Come ha recentemente dichiarato il vescovo di Arezzo all’ordinazione di due confratelli al monastero di Camaldoli, il servizio presbiterale è una dimensione di vita che non può che mutare la quiete e la pace della vita del monaco in una tensione e una lacerazione nel tessuto del suo quotidiano perché  inevitabilmente genera un carico da portare. Il monaco ordinato al ministero, aggiungeva il vescovo di Arezzo, è in una condizione “peggiore” del monaco tout court.

Penso quindi che non si possa accogliere il ministero ordinato (diaconale o presbiterale che sia) se non per amore verso coloro ai quali si è chiamati dalla comunità monastica e dalla Chiesa a compiere un servizio. In questa postura di carità e servizio non può sussistere privilegio o supremazia tra coloro che in comunità sono chiamati a vivere la loro vocazione monastica come ministri e coloro che la vivono da laici.

Mi sono domandato molte volte nel corso dei tre anni trascorsi dalla mia professione solenne e in seguito alla richiesta da parte della comunità di essere ordinato, a quale vita fossi chiamato, se come monaco dovessi rimanere laico per essere veramente “monos” cioè non frammentato tra esigenze di vita contrastanti: monachesimo e impegno pastorale. Mi sono chiesto inoltre come il monaco-presbitero può veramente agire sinergicamente con l’azione pastorale svolta nelle parrocchie evitando sovrapposizioni concorrenziali. Inoltre come portare l’impegno del servizio comunitario senza che questo possa essere percepito come un potere di parola e di azione liturgica superiore a quello di altri fratelli?

Queste domande credo rimarranno sempre aperte e dovranno guidarmi ogni giorno nel compiere il mio servizio come una vocazione alla quale non posso che rispondere positivamente per mettere a disposizione la mia umanità seppur povera e limitata ma nella quale sono sepolti quei talenti che mi si chiede di dissotterrare e di far fruttare per il bene di coloro con i quali vivo e di altri che incontrerò sulla strada della mia vita.

Per questo mi sento chiamato a essere un uomo rinnovato e a diventare ministro della Parola di Dio e dei sacramenti propri all’ordine presbiterale, per servire il Signore, la Chiesa e miei fratelli donando ciò che io stesso ho ricevuto: una Parola di Grazia e di Misericordia.

Una pluralità di parola condivisa nella celebrazione Eucaristica non può che arricchire la vita sacramentale comunitaria. Essa inoltre è aperta agli ospiti, ai fedeli, ai sacerdoti, ai gruppi parrocchiali che frequentano i nostri monasteri e qualora sia opportuno può estendersi a una richiesta di servizio occasionale esterna al monastero. Anche il sacramento della riconciliazione offerto a coloro che vengono al monastero rientra nell’attesa che la nostra comunità suscita esternamente e a cui mi sento di dover dare risposta.

Questo mi impegna maggiormente nello studio e nella meditazione pregata della parola di Dio per condividerla nella carità con i fratelli e per celebrare i sacramenti di Cristo nella Chiesa.

Mario Zanotti OSB.cam

Monaco di Fonte Avellana