“Per fare politica da cristiani bisogna anzitutto essere davvero cristiani”. Card. Ruini

“La coscienza dei credenti deve essere illuminata e formata non solo dalla loro ragione ma anche dalla fede e dall’insegnamento della Chiesa”. Lo ha affermato il card. Camillo Ruini, presidente emerito della Cei, nella prolusione che ha aperto la “Duegiorni” di Rete Italia, che si svolge a Riva del Garda fino a domenica sul tema “Viva la politica”. “È teologicamente infondata, pertanto – ha spiegato il porporato -, quella posizione, rivendicata a volte con enfasi da alcuni politici cattolici, per la quale il richiamo alla propria libertà di coscienza viene fatto valere per discostarsi dagli insegnamenti della Chiesa”. Secondo il cardinale, “sul piano politico e giuridico essi hanno certamente il diritto di agire così, ma non possono pretendere che questi comportamenti e queste scelte siano anche teologicamente ed ecclesialmente legittimi”. Perciò, ha aggiunto il card. Ruini, “all’interno del mondo cattolico, la controversia sui ‘principi non negoziabili’ ha qui il suo vero nocciolo”. “Se vogliamo inquadrare questa questione in una problematica più vasta – ha precisato -, possiamo considerarla un sintomo di quelle tendenze alla ‘secolarizzazione interna’ della Chiesa e dei cattolici che da una parte non devono sorprendere, per l’influsso reciproco tra Chiesa e società che è sempre in atto”.
“La secolarizzazione del mondo occidentale – ha spiegato il card. Ruini – tende quindi fatalmente a riverberarsi anche all’interno della Chiesa. D’altra parte, però, è indispensabile reagire a questo processo, se non vogliamo che la fede diventi irrilevante e intendiamo invece conservare le nostre capacità di testimonianza missionaria”. Nella sua prolusione il card. Ruini ha fatto riferimento al discorso di Benedetto XVI al Pontificio Consiglio per i laici (21 maggio 2010). Nel discorso, il Papa sottolinea che la speranza cristiana “allarga l’orizzonte limitato dell’uomo e lo proietta verso la vera altezza del suo essere”, cioè verso Dio. “Così la politica – ha commentato il card. Ruini – viene per così dire ‘relativizzata’, si manifesta come realtà non ‘ultima’ ma ‘penultima’: siamo salvaguardati, cioè, dalle sue assolutizzazioni che nel nostro tempo hanno condotto ai totalitarismi e nel passato hanno portato alla sacralizzazione del potere politico”. Insomma, ha evidenziato il cardinale, “la fede cristiana, dove si è affermata storicamente, ha posto fine a questa sacralizzazione e nel nostro tempo ha costituito un limite e un fattore di crisi per i totalitarismi”. “Per fare politica da cristiani – ha sostenuto il card. Ruini – bisogna anzitutto essere davvero cristiani”.
“Esserlo, però – ha aggiunto -, non è mai stato facile, perché richiede la conversione del cuore e della vita. Nella società e cultura di oggi sono all’opera, inoltre, delle spinte potenti che tendono ad allontanarci dal cristianesimo e a sostituirlo con una molto diversa visione e prassi di vita”. Per poter essere “davvero cristiani e agire da cristiani, in politica come in ogni altro campo, abbiamo bisogno di una comunità, di un ambiente di vita, di amicizie, di relazioni umane che ci sostenga e dia nutrimento quotidiano alla nostra fede”. Tuttavia, non qualunque comunità è “davvero all’altezza di questo compito”. Di qui il richiamo del cardinale alle “parole di Benedetto XVI sull’intelligenza della fede che diventa intelligenza della realtà”. “Diciamolo francamente – ha ammesso il porporato -: questo tipo di intelligenza è assente in troppe comunità parrocchiali, associazioni, gruppi giovanili. Oppure è inteso alla rovescia, come se fosse la cultura di oggi a fornire la chiave decisiva per l’intelligenza della nostra fede. Certo, la fede va incarnata, o ‘inculturata’, nelle situazioni e nelle problematiche del nostro tempo, non può prescindere da esse se non vuole diventare sterile e insignificante. Il suo criterio decisivo è però Gesù Cristo, che vive nella Chiesa: è lui che ci dà la chiave per leggere, valutare e trasformare la realtà in cui viviamo”.