EDITORIALE – Dinnanzi alla notizia della morte di un giovane ventunenne della Diocesi, residente nella Parrocchia S. Sebastiano di Bellocchi nel gesto estremo del suicidio, il primo pensiero discreto e affettuoso corre a lui, alla sua famiglia, alla parrocchia mediante la preghiera e l’affidamento alla misericordia di Dio Padre. Gesti come questi interrogano fortemente la società, la Chiesa in tutte le sue parti, componenti ed espressioni, consapevole che la sfida educativa, dinnanzi a gesti così estremi, chiedono un ripensamento capillare, urgente, comunitario. Quello che passa nel cuore e nella coscienza di una persona solo a Dio è dato di sapere; all’uomo il servizio e la responsabilità nel tentare di aiutare a sostenere la fatica di vivere e il male dell’esistere che attanaglia sempre più frequentemente giovanissimi e giovani. Stati depressivi protratti nel tempo, oscuramento verso il mondo attuale e la società tutta, ferite ricevute dalla vita a motivo del lavoro, degli affetti, della famiglia: sono infiniti e profondi i motivi che, invece di intraprendere la via della luce e della salvezza, cadono precipitosamente verso il buio e l’annientamento. La sconfitta, dinnanzi a tutto ciò, non è solo del giovane che non ha retto al dolore che lo ha schiacciato, ma è per tutti; ogni scelta maturata nella vita può, nel tempo futuro, scatenare un meccanismo incontrollabile e come spesso accade a farne le spese sono il dono più prezioso che possiamo avere: i figli. La Chiesa stessa viene messa al muro perché tocca con mano che l’educare, in questo caso, viene sfidato dalla morte e non dalla vita, una non-vita soffocata dove il grido silente non tutti lo hanno saputo ascoltare, raccogliere. Senza l’amore non si vive, senza la pace nel cuore non si riesce ad amare e la società dei consumi, perennemente connessa tra reale e virtuale non ha dato ragioni di speranza per vivere. La morte di questo giovane deve generare una maggiore passione per ogni adolescente, giovanissimo, giovane, una passione verso i genitori che vanno sostenuti, con diverse modalità, nella crescita dei figli.
Di qui il forte appello a parrocchie, famiglie, insegnanti di ogni ordine e grado, a datori di lavoro, baristi, allenatori e a tutti coloro chiamati ad educare e accompagnare la vita dei nostri ragazzi: con rispetto e delicatezza non si permetta, nel contempo, che ogni giovane sia lasciato solo, imparando quel sano controllo sociale e scambio di aiuti che impedisce l’isolamento, la fuga. La preghiera corale unita alla giustizia educativa sostenga il coraggioso cammino intrapreso dalla chiesa diocesana nei prossimi mesi e anni verso il mondo giovanile, dove ogni ragazzo e ragazza vede il suo nome scritto nel cielo. E riflesso sulla terra.
Ufficio Comunicazioni Sociali