Una partecipazione davvero straordinaria è quella che si registra ogni anno in occasione della festa di San Paterniano. Anche lo scorso 10 luglio, infatti, la basilica fanese che ospita le reliquie mortali del Santo non ha deluso le aspettative, riempendosi di fedeli. La solenne celebrazione è stata presieduta dall’arcivescovo di Pesaro, monsignor Piero Coccia, che ha rivolto parole di stima e affetto per la Diocesi, definendola come “Chiesa sorella”.
Le letture del giorno, poi, hanno favorito un’intensa riflessione sul percorso da attuare per vivere al meglio la propria fede. «L’incontro con il Signore è possibile ad una condizione: fare l’esperienza di una fede obbediente», ha constatato monsignor Coccia, indicando come la parola “obbedienza” sia da intendere nel suo significato originario di ob-audio, ovvero come qualcosa che implica l’ascolto in senso profondo e cioè la capacità di lettura, decifrazione, di interpretazione della presenza del Signore. Non un’obbedienza cieca, quindi, ma alimentata dalla concretezza dell’esperienza. Un’esperienza che ci chiama anche all’attesa: «L’attesa, in senso biblico, non è mai un’esperienza passiva; essa innesca nella nostra vita quella tensione tra il Cristo della storia che ci è donato ed il Cristo della gloria totale che deve compiersi. Quest’attesa non ci chiama alla fuga dalle nostre responsabilità, ma all’assunzione di esse in un cammino di perfezionamento che ci deve vedere protagonisti».
Parole cariche di significato, quelle dell’Arcivescovo, che sono state poi facilmente ricollegate alla testimonianza portata da San Paterniano, la cui opera rimane un elemento di grande esemplarità per questo processo di crescita attuata dalla fede dell’attesa. E la Chiesa – come ha più volte ribadito monsignor Coccia – non può dimenticare che l’esperienza dell’attesa evocata dalla fede deve essere trasmessa alle nuove generazioni. Da qui, dunque, nasce la responsabilità della comunità cristiana, che non impone, ma propone l’esperienza della fede con la forza della testimonianza, per contagio.
Matteo Itri