“La Chiesa e’ la sua stessa missione”. Don Presciutti, vicario pastorale, verso il mandato del Vescovo domenica 23 ottobre a Cagli ore 17

Lettera di invito. Perché tutti gli anni ci ritroviamo a celebrare con il nostro Vescovo il mandato degli operatori pastorali? Sono molti quelli che ormai da tanto tempo e con fedeltà svolgono il loro servizio nella catechesi, nella liturgia, accanto ai piccoli e poveri per manifestare la carità della comunità e nel mondo per far crescere il Regno di pace e d’amore inaugurato da Gesù. C’è bisogno davvero di questa annuale celebrazione diocesana?

Per capire in profondità il senso di questa convocazione dobbiamo aprirci alla logica sacramentale lasciando da parte quella funzionale. E’ sicuramente una grande opportunità per risvegliare in tutti e in ciascuno la coscienza del mandato, la consapevolezza dell’invio da parte del Signore stesso attraverso la chiesa, la gioia di vivere una missione di cui non possiamo mai appropriarci perché ci precede ed eccede, scaturisce dal cuore appassionato di Dio.
La determinazione, la libertà dei profeti, la loro “parresia”, il loro coraggio poggia su questa esperienza forte, da ravvivare costantemente: “sono stato chiamato e inviato”. Il Signore è la ragione, la possibilità, il fine, il tutto del mio servizio. La Sacra Scrittura lo ricorda costantemente. E’ forse l’elemento centrale, il cuore stesso di ogni vocazione, di ieri e di oggi.
L’incontro con il Signore nel roveto che brucia accende nel cuore di Mosè la compassione stessa di Dio per il suo popolo: “lo ti mando dal Faraone. Fa uscire dall’Egitto il mio popolo…Dirai agli Israeliti: lo-sono mi ha mandato a voi”. E Mosè va perché Dio ha visto l’oppressione, vuole scendere e liberare. Mosè si sa strumento. Il sentirsi inviato, amico di Dio, lo fa essere coraggiosamente perseverante e fedele, anche quando il popolo tentennerà, dubiterà e sentirà la tentazione di tornare indietro.
Ed è proprio questa la forza di tutti i profeti. Isaia ascolta la voce di Dio che chiede: “Chi manderò e chi andrà per noi?” e risponde “Eccomi, manda me”. Geremia sedotto perché si è lasciato sedurre, viene da Dio mandato e incoraggiato: “Non dire sono giovane, ma va a coloro a cui ti manderò”.
L’elenco è lungo quanto l’intera storia della salvezza. Gesù stesso nella pienezza dei tempi agisce come l’Unto, l’Inviato per eccellenza. Nel dialogo costante con il Padre ritrova luce, la sua identità, la sua missione e così costruisce la strategia di un amore che vince la morte proprio attraverso la morte per amore. “Mio cibo è fare la volontà del Padre mio…per questo sono stato inviato”.
Questa coscienza viene trasmessa da Gesù ai discepoli, agli apostoli, inviati al mondo intero per far correre il Vangelo che umanizza, riscatta ed esalta ogni vita. “Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi … ricevete lo Spirito, andate a tutti i popoli, in tutte le direzioni”.

Proprio per ravvivare in ogni operatore pastorale questa consapevolezza solennizziamo ogni anno la celebrazione del mandato. La coscienza che la missione ci è stata affidata dal Crocifisso Risorto attraverso la Chiesa fa ardere i nostri cuori di un amore che ci spinge a superare noi stessi, a guardare con fiducia ai pericoli e agli ostacoli, a credere che oggi non è peggiore di ieri, che anche oggi possiamo per grazia far crescere dentro la storia la logica delle beatitudini, dilatare la fraternità, contagiare con lo spirito del servizio, seminare la pace, portare l’amore, la compassione, umanizzare il mondo perché Lui non ci manda allo sbaraglio, non si lascia sostituire ma è fedelmente e realmente presente in coloro che invia. “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
E così ci aiutiamo a non cedere alla tentazione di strumentalizzare il servizio finalizzandolo ai nostri bisogni, evitiamo di ricercare sicurezza nel successo, in una gratificazione immediata perché alla fine tutte queste cose non possono sostenere l’impegno urgente, la fatica di un servizio che colloca contro corrente. La vera forza scaturisce da questa certezza: E’ il Signore risorto e vivente che oggi, ogni giorno, per la voce esterna, udibile della Chiesa e la luce interiore dello Spirito Santo, manda tutti noi. Chiaramente con il mandato Diocesano vogliamo ricordare che ogni Eucaristia ci invia. E’ soprattutto nella Messa che riviviamo questa decisiva esperienza di essere chiamati, convocati e poi spinti fuori.
Avremo altresì l’opportunità di riscoprire che i carismi sono per il ministero, che la diversità dei talenti e dei servizi rende ancora più feconda la comunione, più generosa la missione perché tutto è dato per il bene comune. Potremo intorno al Vescovo rivivere il fascino della complementarietà della membra unite dal Capo nel corpo vivo che è la chiesa.

E ci ritroviamo insieme nella Domenica in cui la chiesa celebra la giornata missionaria mondiale per  ravvivare questa coscienza di esistere, non per noi, ma per qualcosa che è molto più di noi, qualcosa che pur non essendo altro dalla Chiesa, supera comunque la Chiesa: il Regno di Dio, la Signoria di Dio che anticipa nel tempo l’eternità e la fa crescere dentro le pieghe della storia.
Si, non c’è prima la Chiesa e poi la missione, ma la missione precede la Chiesa, è la sua stessa ragion d’essere. La chiesa è dalla missione, nella missione stessa di Dio. La missione è il cuore, lo slancio vitale, il respiro profondo della Chiesa, la sua stessa essenza, la sua identità più vera. La Chiesa che nasce dalla missione di Cristo per esistere deve donare la vita, deve uscire da se. Vive per il mondo intero. Non può sperimentare la salvezza senza farne dono continuo e totale a tutti coloro che anelano alla pienezza della verità e della gioia. Siccome i beni vitali si possiedono nella misura in cui si comunicano la Chiesa deve comunicare la vita per accogliere il dono della sua stessa sopravvivenza. In una parola la Chiesa è la sua stessa missione. La sua ragion d’essere è essere dono.
E siccome la Chiesa locale è il farsi presente -qui e ora, per noi- della Chiesa di Dio questo vuol dire che la nostra Diocesi deve far sperimentare la sollecitudine di Cristo per tutto l’uomo e per tutti gli uomini, deve condividere una salvezza da estendere fino agli estremi confini della terra. La Chiesa che è in Fano Fossombrone Cagli Pergola deve esprimere questa verità: Dio ama tutti, vuole raggiungere il cuore di tutti partendo dagli ultimi. Quando diciamo “Chiesa locale” non restringiamo l’universalità, la cattolicità ma indichiamo semplicemente il luogo in cui l’universalità deve concretamente mostrarsi. E questa essenziale dimensione universale della Diocesi deve soprattutto manifestarsi nell’azione missionaria. Le parrocchie sono invitate a costruire la Diocesanità, a vivere in comunione profonda e reale, intorno al Vescovo, e a fare di questa comunione il propellente per un impegno missionario senza più limiti e confini.
E’ la Chiesa locale che deve partire, che deve andare agli altri, qui e lontano, che deve inviare i suoi figli come testimoni, non per salvare perché solo Cristo salva e lui ci precede, ci trascende, ma perché solo se si esce si può accogliere da Dio la salvezza che è per tutti.

Don Marco Presciutti
Vicario Pastorale