“Il vero diritto è inseparabile dalla giustizia”. Così Benedetto XVI, nella Sala Clementina in Vaticano, nel discorso per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana. Il Papa si è soffermato su quello che ha definito un “aspetto primario del ministero giudiziale”, ovvero “l’interpretazione della legge canonica”. Ricordata anche la recente innovazione del trasferimento ad “un Ufficio presso il Tribunale Apostolico delle competenze circa i procedimenti di dispensa dal matrimonio rato e non consumato e le cause di nullità della sacra Ordinazione”.
Il diritto canonico – ha spiegato il Papa – trova nelle verità di fede il suo fondamento e il suo stesso senso. E l’interpretazione “è strettamente legata alla concezione stessa della legge della Chiesa”. Da qui la necessità di evitare il rischio di identificare “il diritto canonico con il sistema delle leggi”, ovvero i testi, i Codici cadendo così nel cosiddetto “legalismo”. Questa riduzione porterebbe “all’oblio”, a non considerare il “diritto naturale e il diritto divino positivo” (ovvero l’insieme dei principi che dipendono direttamente dalla Creazione e quello istituito da Dio mediante la Rivelazione), come il rapporto “vitale di ogni diritto con la comunione e la missione della Chiesa”. Il Papa prima di sottolineare “che non può esistere giustizia senza verità” ha tracciato anche il limite “delle vie interpretative” care “ad esempio” alla tradizione orientale:
“La misericordia, l’equità, l’oikonomia così cara, sono alcuni dei concetti a cui si ricorre in tale operazione interpretativa. Conviene notare subito che questa impostazione non supera il positivismo che denuncia, limitandosi a sostituirlo con un altro in cui l’opera interpretativa umana assurge a protagonista nello stabilire ciò che è giuridico”.
E’ “arbitrarietà” in questo caso – ha spiegato – il rischio che si incontra perché “manca il senso di un diritto oggettivo da cercare, poiché esso resta in balìa di considerazioni che pretendono di essere teologiche o pastorali”.
“In tal modo l’ermeneutica legale viene svuotata: in fondo non interessa comprendere la disposizione della legge, dal momento che essa può essere dinamicamente adattata a qualunque soluzione, anche opposta alla sua lettera. Certamente vi è in questo caso un riferimento ai fenomeni vitali, di cui però non si coglie l’intrinseca dimensione giuridica”.
“Esiste un’altra via – ha ribadito – in cui la comprensione adeguata della legge canonica apre la strada a un lavoro interpretativo che s’inserisce nella ricerca della verità sul diritto e sulla giustizia nella Chiesa”:
“Il vero diritto è inseparabile dalla giustizia. Il principio vale ovviamente anche per la legge canonica, nel senso che essa non può essere rinchiusa in un sistema normativo meramente umano, ma deve essere collegata a un ordine giusto della Chiesa, in cui vige una legge superiore. In quest’ottica la legge positiva umana perde il primato che le si vorrebbe attribuire, giacché il diritto non si identifica più semplicemente con essa; in ciò, tuttavia, la legge umana viene valorizzata in quanto espressione di giustizia, anzitutto per quanto essa dichiara come diritto divino, ma anche per quello che essa introduce come legittima determinazione di diritto umano”.
“Cercare e servire”, le parole usate dal Papa, nell’orizzonte della verità giuridica che si incarna anche nell’ermeneutica:
“L’interpretazione della legge canonica deve avvenire nella Chiesa. Non si tratta di una mera circostanza esterna, ambientale: è un richiamo allo stesso humus della legge canonica e delle realtà da essa regolate”.
La maturità cristiana – ha proseguito – conduce ad amare sempre più la legge e a volerla comprendere ed applicare con fedeltà:
“Questi atteggiamenti di fondo si applicano a tutte le categorie di interpretazione: dalla ricerca scientifica sul diritto canonico, al lavoro degli operatori giuridici in sede giudiziaria o amministrativa, fino alla ricerca quotidiana delle soluzioni giuste nella vita dei fedeli e delle comunità. Occorre spirito di docilità per accogliere le leggi, cercando di studiare con onestà e dedizione la tradizione giuridica della Chiesa per potersi identificare con essa e anche con le disposizioni legali emanate dai Pastori, specialmente le leggi pontificie nonché il magistero su questioni canoniche, il quale è di per sé vincolante in ciò che insegna sul diritto”.
Riflessioni – ha spiegato – che acquistano una peculiare rilevanza nell’ambito delle leggi riguardanti l’atto costitutivo del matrimonio, la sua consumazione e la ricezione dell’Ordine sacro, e di quelle attinenti ai rispettivi processi:
“Qui la sintonia con il vero senso della legge della Chiesa diventa una questione di ampia e profonda incidenza pratica nella vita delle persone e delle comunità e richiede una speciale attenzione“.
Quindi l’esortazione del Papa “all’unità ermeneutica” che “non mortifica in alcun modo le funzioni dei tribunali locali, chiamati a confrontarsi per primi con le complesse situazioni reali che si danno in ogni contesto culturale”. “Ciascuno di essi infatti – ha concluso – è tenuto a procedere con un senso di vera riverenza nei riguardi della verità sul diritto, cercando di praticare esemplarmente, nell’applicazione degli istituti giudiziali e amministrativi, la comunione nella disciplina, quale aspetto essenziale dell’unità della Chiesa”.
Questa mattina il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, celebrando la Santa Messa nella Cappella Paolina per l’inaugurazione dell’Anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana, ha ribadito che “il giudice ecclesiastico, come pure gli operatori della giustizia della Chiesa, non devono stancarsi di invocare lo Spirito Santo, affinché doni a ciascuno la passione della verità, che non è mai accusa contro qualcuno, ma è invece favorire la verità per amore della verità, dopo aver compiuto la fatica di cercarla”.