Carissimi amici, buon Natale!
Secondo le parole dell’apostolo Paolo noi oggi festeggiamo “la manifestazione della bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per noi”.
Per l’apostolo Paolo questo è il Natale, non soltanto il ricordo di un evento, come spesso accade a noi, considerando il Natale come il compleanno di Gesù, ma un evento storico sì, che però condiziona intensamente il mio presente e la mia realtà umana di oggi. Quello che è accaduto presso una stalla di Betlemme non è solo… un racconto fantastico per bambini, ma la testimonianza di Dio, la manifestazione di un amore che ha improvvisamente coinvolto e avvolto l’umanità e quindi anche me.
Dio ha voluto amare ciò che non era amabile: noi che vivevamo nella perdizione, nel peccato, nella debolezza umana, nella nostra parzialità saccente, nella povertà fisica, culturale, di relazioni, nella ribellione. L’apostolo Paolo parla di vita vissuta nell’insensatezza, nel traviamento, schiavi di passioni, di cattiveria, di invidia, odiosi e odiandoci a vicenda. Ecco queste persone Dio decide di amare, non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia.
Questo significa Natale. Questo celebriamo a Natale: celebriamo la nostra incapacità di meritare l’amore di Dio che ci salva. “Dio non ci ama perché siamo belli, ma siamo belli perché Dio ci ama” (Lutero). La nostra bellezza, il nostro essere capaci di amare, di accogliere, di rispettare, non ci sono proprie, ma ci sono date da Dio e rendono la nostra vita degna di essere vissuta, la nostra storia diversa, i nostri rapporti fraterni e solidali.
Sempre con i nostri limiti, con le nostre parzialità, incapacità, sempre nella nostra condizione di peccatori e peccatrici.
Ecco il Natale ci ricorda che anche se noi siamo amati da Dio, tuttavia restiamo legati alla nostra natura umana caduca e precaria, transitoria e fragile. Natale è questo rinnovamento che permette alla nostra precarietà di trasformarsi in forza, stabilità, solidità, tenacia.
Quante volte abbiamo creduto di cedere, di soccombere, di non avere più nessuna forza e poi qualcosa ci ha permesso di resistere, di persistere con tenacia per continuare a vivere e ad essere addirittura di sostegno per gli altri.
Fratello, sorella, quante volte la parola del Natale ha coinvolto la tua esistenza quotidiana. Come non ricordare i momenti difficili che hai attraversato o che avresti voluto dimenticare per sempre: quanto dolore, quanta sofferenza, quanta solitudine, quanto abbandono. Persino da Dio ti sei sentito abbandonato; le lacrime ti hanno impedito di guardare oltre te stesso; hai avvertito una mente offuscata dal buio e dalla confusione, ti sei fermato e hai pensato di essere travolto e tramortito dagli eventi della vita o dalle persone stesse a cui tu avevi riposto la tua fiducia.
Hai brancolato, ti sei sentito perduto, per sempre, come se non ci fosse più scampo. Nel tuo buio non hai trovato una mano che ti conducesse, che placasse la tua paura, la tua inquietudine.
Ecco, quando ti sembrava tutto perduto, quante volte hai fatto la scoperta della presenza di Dio che ti ha tirato fuori, che si è presentato per sorreggerti.
Ecco, oggi Dio viene a te con il Vangelo di Natale per dirti che anche la sua è stata una storia di rifiuto, di sofferenza, di lutto, di dolore, di abbandono, di solitudine. Nessuno può comprenderti meglio di Lui, nessuno può esserti vicino più di Lui.
Il Vangelo di Natale ti dice che ti puoi fidare, che c’è una speranza, che c’è una mano pronta, tesa per te, nel tuo buio in cui ti trovi, nella tua amarezza e nella tua desolazione. Ora puoi sperare, ora puoi confidare in un futuro che ti viene incontro, puoi contare sulla solidarietà di Dio e di fratelli e sorelle che egli ti pone accanto. Non devi più disperare, tacere o nasconderti: “Non temete, perché vi porto la buona notizia di una grande gioia: Oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore”.
O Verbo fatto carne, con la tua incarnazione ti sei fatto talmente vicino a noi che non abbbiamo alcun motivo di starti lontano.
Superando l’infinito che separa Dio dall’uomo, hai voluto far cadere tutte le barriere del nostro timore.
Avvicinandoti e mescolando la tua vita alla nostra, hai voluto orevenire i nostri paurosi ripiegamenti.
Tu non hai esistato ad incarnarti nel seno di una donna, per stabilere con noi la più completa intimità.
Ti sei presentato a noi come un bambino, per attirare maggiormente su di te uno sguardo di tenerezza e difamiliarità.
Hai condotto un’esistenza umana simile alla nostra, escludendo tutto ciò che poteva allontanarti da noi.
Ispiraci dunque più fiducia a venire verso te, ad avvicinarci il più possibile a te.
Rallegraci col tuo sguardo posato su di noi, perché è uno sguardo di fraternità, di solidarietà, di comprensione.
Colmaci di quella fiducia che esige la tua amicizia, una fiducia che giunga fino al più completo abbandono.
Facci vivere intimamente con te, perché possiamo darci a te come tu ti sei dato a noi. Amen
(J .Galot)