“Lavorare insieme e ridare speranza”. Il Vescovo ha incontrato le associazioni sociali ed economiche

La comunità cristiana e tutta la Chiesa non si sottrae, in questo periodo di crisi economica,  nel fare la propria parte, nelle situazioni di bisogno, ma Mons. Trasarti ha ritenuto che questo fosse anche il momento di un confronto vero e aperto con tutte le energie presenti nella società, sia di tipo puramente associativo e solidaristico, sia di carattere economico, per creare una prospettiva di lavoro comune in cui ognuno possa realizzare il proprio compito, pur nella distinzione dei ruoli, per costruire insieme opere efficaci e coesione sociale…
E una prima risposta c’è stata. Infatti sabato 22 al Centro Pastorale Diocesano di via Roma, erano presenti circa 60 persone in rappresentanza di organizzazioni di categoria, imprese sociali, cooperative, banche, fondazioni bancarie, associazioni di volontariato.

Tra queste Confindustria (con Salvatore Giordano), Cna (con Colombaretti e Marco Rossi), Confcommercio (con Capecchi), Confagricoltura (con Denis Bernabucci), Casartigiani (con Sorcinelli e Gaudenzi), Confcooperative (con Crinelli), la Bcc di Fano (con Rondina e Falcioni), la Bcc Suasa (con Tonelli), la Carifano Spa (con Giacobbi Francesco), la Fondazione Cassa di Risparmio (con Fabio Tombari). Erano altresì presenti numerose associazioni di volontariato, non solo di Fano, ma dell’intero territorio diocesano; alcune importanti cooperative, come l’Irs l’Aurora, l’Asscoop, la t41b, Gerico, Crescere, I Talenti; enti rappresentativi quali il CSV provinciale, le Acli, la Camera di Commercio,  il Sunia e Federconsumatori, la Fondazione Fano Solidale e la Fondazione Monte di Pietà di Fossombrone.

Dopo l’intervento del Vescovo, sono stati 21 gli interventi, che hanno rappresentato uno spaccato eterogeneo ma altamente significativo della situazione del nostro territorio, anche con qualche timido segnale di proposta, anche se la volontà di riprendere il discorso con progetti concreti e “immediatamente cantierabili” è stata rinviata al prossimo incontro. Infatti, essendo la prima volta che tante persone, appartenenti a contesti doversi, che generalmente non si conoscevano, si incontravano insieme, era naturale prevedere una prima fase di “presentazione reciproca”, o semplicemente di esposizione del proprio “punto di vista” (peraltro non sempre convergente) sull’origine della crisi e sulla sua evoluzione.

Sintesi dell’intervento del Vescovo:

1) L’IMPEGNO NEL PRESENTE: Lenire l’effetto dei problemi di oggi con gesti concreti

Oggi ci sono delle vere e proprie “emergenze” di cui non possiamo non occuparci. Ci sono sempre nuove povertà che si manifestano quotidianamente: sia di ordine materiale, che di ordine psicologico (la perdita del lavoro e l’impossibilità di mantenere dignitosamente la propria famiglia, può produrre conseguenze “devastanti”).
Girando nel territorio della Diocesi, nelle sue città e paesi, nelle sue parrocchie, incontrando le varie manifestazioni di impegno sociale e civile, emerge l’immagine di una realtà variegata, bella e ricca di attività, ma spesso fatta di tante piccole isole non comunicanti fra di loro, e per questo maggiormente a rischio di fragilità.
Per tale motivo le tante belle esperienze, i progetti in corso, le attività in fase di sperimentazione, devono diventare buone prassi maggiormente conosciute, e devono assumere la caratteristica di essere replicabili, ed in tal modo diventare parte di un unico grande disegno di impegno collettivo.

2) LO SGUARDO SUL FUTURO: Strategie e proposte di lungo periodo

Ma accanto all’urgenza del lavoro quotidiano, ritengo che sia nostro preciso compito anche quello di mettere in comune, e forse anche studiare insieme, soluzioni e progetti che possano dare una prospettiva di medio lungo periodo, che sappiano cioè alzare lo “sguardo sul futuro”, per costruire una visione di comunità che non viva alla giornata ma che sappia ritrovarsi su valori e impegni per realizzare iniziative stabili e durature.

Senso di responsabilità verso le future generazioni

Tutti sono chiamati ad abitare un territorio, a farsene carico mettendoci dentro le proprie attitudini e professionalità. I luoghi generano una corresponsabilità che non può essere disattesa. Essi chiedono un sentimento collettivo di presa in cura al fine di ritrasmetterlo come lo si è ricevuto, anzi migliorato.

3) GIOCARE FINO IN FONDO IL PROPRIO RUOLO DI CORPI INTERMEDI DELLA SOCIETA’: Mediazione con la politica

In questi mesi si sta aprendo una nuova stagione, nel quale il lavoro industriale dovrà sempre più cedere il passo al terziario, nel quale si torna a riscoprire il lavoro agricolo, dove non si può parlare più di posto fisso, ma di un lavoro che bisogna inventarsi giorno dopo giorno. Occorre rilanciare, con modalità nuove e maggiormente creative, un nuovo solidarismo territoriale.
Allora serve che le banche tornino a fare le banche, gli imprenditori tornino a fare impresa, le categorie economiche tornino a valorizzare le peculiarità e le professionalità di un territorio, le associazioni sociali mettano al servizio i propri talenti di un progetto complessivo.

Occorre affrontare la sfida nella quale, senza attendere momenti migliori, senza aspettare che le difficoltà passino da sole, senza delegare ad altri, siamo noi – insieme – a fare il primo passo. Ma tutto ciò senza abbandonare il ruolo di mediazione con la politica, che senza la nostra presenza e la nostra “insistenza” rischia ogni giorno di più di perdere il contatto con i problemi quotidiani.

Raccogliere il desiderio di partecipazione dei cittadini

tocca ai corpi intermedi della società, assumersi la responsabilità di raccogliere l’esigenza di partecipazione dei cittadini. Questo però vuol dire fare lo sforzo, quando si tratta di concorrere a scelte importanti, di rivolgersi a tutti i cittadini e non solo a quelli fidelizzati perchè iscritti nella propria base associativa.

 

4) PIU’ COLLABORAZIONE TRA ASSOCIAZIONI ED ENTI NON PROFIT e ASSOCIAZIONI ECONOMICHE E PROFIT: Una competizione che va superata

C’è competizione, quando non ci dovrebbe essere, c’è incomprensione dei rispettivi compiti, o peggio ancora ci si ignora a vicenda. Ogni soggetto ha un ruolo importante, ognuno ha una rilevanza economica (anche il volontariato), e ognuno ha una rilevanza sociale (anche le banche e gli enti economici)
Oggi più che mai c’è bisogno di fare rete tra tutte quelle persone che sanno usare della propria vita, delle proprie competenze e delle proprie professionalità, per dare un servizio agli altri in tutti gli ambiti: nel lavoro, nell’istruzione, nell’economia, in famiglia, nel volontariato.
Non voglio pensare alle conseguenze senza questa rete, già oggi capace di realizzare gesti di solidarietà e di sano professionismo, attività poco conosciute ma quanto mai reali, che ogni giorno si compiono nel nostro territorio e che hanno permesso sin qui di garantire una “tenuta” oltre modo dignitosa.
Ma oggi siamo chiamati a fare ancora qualcosa di più: innanzitutto a lavorare insieme – appunto – ma anche a ridare “speranza” a tutti coloro che ne hanno bisogno.
Sentinella quanto resta della notte?” (Isaia 21, 11) Ecco sta a tutti noi anticipare l’aurora, per ridare una speranza concreta al popolo del nostro territorio.
Allora le nuove parole chiave devono essere alleanza e cooperazione. Si può stare insieme senza soccombere alla disgregazione, solo se si entra in un nuovo spirito di cooperazione. Le vecchie solidarietà non funzionano più. Si tratta di ricreare nuove relazioni, articolate, plurali, flessibili, in grado non solo di mobilitare energie e risorse, ma anche di rinsaldare legami sociali e significati condivisi.

5) NON CADERE NELLA TRAPPOLA DEGLI EGOISMI DI GRUPPO

Una cosa che non dobbiamo mai stancarci di esorcizzare è il rischio degli “egoismi del particolare”, ossia la possibilità che ognuno persegua i propri obiettivi a scapito degli altri, o comunque a “prescindere” dagli altri.
La nascita di nuovi soggetti (penso alle tante nuove associazioni di volontariato che nascono ogni anno, o a nuovi soggetti economici e di categoria, che affrontano problemi sempre più specifici) può essere un segno positivo, ma può anche nascondere pericoli.

Spesso essi nascono dalla “separazione” o dalla frantumazione di altri soggetti, ed il rischio di occuparsi sempre più di problemi specifici, può far perdere di vista i problemi d’insieme, i diritti universali.

 

6) LA FAMIGLIA E I GIOVANI

La famiglia

Riguardo alla famiglia, essa sarà anche il tema centrale della 47° Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si terrà a settembre a Torino. Una assise nazionale in cui la Chiesa, ma soprattutto il laicato cattolico, rifletterà su un tema complesso e dalle mille sfaccettature.

Infatti la famiglia è anche il primo luogo di educazione alla vita economica, alla capacità di scegliere come guadagnare, come risparmiare, cosa consumare e come investire. Proprio come accade per la costruzione di una impresa, la costruzione di una famiglia implica l’adesione a un progetto e l’impegno ad investire in esso.

L’attenzione alla famiglia, pertanto, non dobbiamo aspettarcela solo dalle Istituzioni, ma anche dalle imprese. Sarebbe bello poter premiare le imprese “virtuose” attente ai bisogni veri della famiglia.

La famiglia è anche il luogo di accompagnamento e di condivisione dell’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, ma è anche il luogo in cui gli adulti testimoniano il “senso del lavoro”. Infatti il lavoro non è solo una cosa “da fare” ma è anche un modo di essere. Solo degli adulti che vivono con pienezza il senso del loro lavoro possono a loro volta educare al senso e al gusto del lavoro.

Ma la famiglia è anche il luogo in cui si scopre la solidarietà verso i più deboli, sia fuori che dentro la famiglia stessa. Sono in aumento le aree dei disagi invisibili, che riguardano alcune famiglie o membri di esse, soprattutto le donne e i minori. La precarietà del lavoro rende in alcuni casi complicate operazioni un tempo naturali, come l’educazione dei figli o la conciliazione di vita lavorativa e affetti. Le famiglie vivono spesso in solitudine questa fatica non vista e non riconosciuta, e noi non possiamo solo aspettare che la politica intervenga, ammesso che sia in grado di farlo. E’ un compito che spetta a ciascuno di noi.

I giovani

Riguardo ai giovani, vi devo chiedere soprattutto due cose:

– Occorre fare tutto il possibile per trovare loro un lavoro, ma rispetto a questa attenzione vi raccomando soprattutto di restituire loro la dignità di essere accolti come persone (ci sono tanti giovani che mi raccontano l’amarezza di non essere considerati persone, ma spesso solo braccia o teste destinate ad una occupazione).

– La seconda cosa, siate per loro testimoni credibili. Per ridare ai giovani una speranza in un futuro migliore c’è bisogno che essi vedano comportamenti eticamente e moralmente corretti. Hanno bisogno di poter incontrare una classe dirigente in cui avere fiducia.

I giovani sono molto migliori di quanto noi pensiamo. Siamo noi adulti, che spesso li deludiamo. Essi sono già pronti per assumersi le loro responsabilità, sono guidati da una forte esigenza di autenticità e semplicità, rifiutano il compromesso, e sono giustamente critici nei confronti di una società che cede spesso all’ipocrisia. Tocca a tutti noi dimostrare che si possono fidare, e che per loro, il futuro è già oggi.

 

I temi dell’economia nella “Caritas in Veritate”

Infine. Riguardo al tema dell’economia, riprendo alcune affermazioni, che mi sembrano esplicative del ragionamento che ci aspetta oggi. Diceva Benedetto XVI al punto 35 della Caritas in Veritate:   

“Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. E’ interesse del mercato promuovere emancipazione, ma per farlo veramente non può contare solo su se stesso, perchè non è in grado di produrre da sé ciò che va oltre le sue possibilità. Esso deve attingere energie morali da altri soggetti, che sono capaci di generarle.” E ancora al punto 36 diceva:

“La Dottrina Sociale della Chiesa ritiene che possano essere vissuti rapporti autenticamente umani, di amicizia e di socialità, di solidarietà e di reciprocità, anche all’interno dell’attività economica e non soltanto fuori di essa, o “dopo” di essa.

La sfera economica non è né eticamente neutrale né di sua natura disumana e antisociale. Essa appartiene all’attività dell’uomo e, proprio perchè umana, deve essere strutturata e istituzionalizzata eticamente.”

E su queste tematiche penso che siano necessari un grande lavoro ed una grande riflessione da fare tutti assieme.

 

CONCLUSIONI

Serve un modello di economia che tende a integrare più profondamente aspetti economici e società, impresa e lavoratore, profitto e coesione sociale, generando senso, ossia legando il proprio destino ad una certa visione del mondo.

In questo modo senso e legami sociali si trasformano anche in valore economico che a sua volta alimenta il circuito di relazioni della società.

Oggi la grande sfida del modello italiano è sapersi alimentare dalle sue radici comunitarie, saper inventare una nuova prossimità non solo legata all’appartenenza culturale e alla vicinanza territoriale. Quando nella sua storia l’Italia ha saputo mettere a sistema le sue tante diversità (geografiche, culturali, spirituali) ha vissuto le sue età dell’oro.

Se vogliamo che anche in questo inizio di XXI secolo sia un periodo virtuoso e di sviluppo economico e civile dobbiamo saper ritrovare questi elementi comuni, tra passato e presente, tra religioso e laico. Ecco perchè siamo qui oggi insieme.