“Vi auguro di tutto cuore l’acquisizione di una grande competenza nel suscitare negli studenti domande che contano per la vita”. La lettera del Vescovo agli insegnanti di religione in occasione del nuovo anno scolastico

Carissimi insegnanti

all’inizio del nuovo anno scolastico voglio inviarvi il mio augurio e il mio incoraggiamento.
Innanzitutto sento il dovere di ringraziare don Alcide per il faticoso, delicato e prudente lavoro di tanti anni come Incaricato dall’Ordinario Diocesano per gli Insegnanti di Religione cattolica; insieme a lui ringrazio la commissione di insegnanti che ha collaborato con l’Ufficio…

Auguro un proficuo lavoro  a don Piergiorgio Giorgini, che subentra a don Alcide  nell’incarico, insieme alla Consulta da me nominata (come d’altronde per ogni ufficio di Curia) Cambiolioli Daniela – Tonelli Nicoletta – Strika Luciana – Regini Roberto – Gabbianelli Angela, che avranno il compito di supportare e animare l’Ufficio stesso. Vi raccomando di tener conto del lavoro svolto fino ad ora dall’Ufficio e di avvalervi dell’esperienza  pluriennale di don Alcide

Essere insegnante di religione non è facile. Lo sanno bene le centinaia di insegnanti in Italia che sperimentano  le contraddizioni di una professione, al tempo stesso, motivante e frustrante per la sua complessa natura.

Finalità e contenuti la collocano tra le discipline più  “importanti”: essa infatti invita ad esplorare le grandi domande di senso, e proprio per il fatto che nell’ora di religione si parla di se stessi, si affrontano tematiche come la vita, la morte, la sofferenza, il bisogno di salvezza, la propria identità, richiede l’istaurarsi di relazioni di apertura e fiducia tra il docente e l’alunno e nel gruppo classe.

Nell’organizzazione scolastica è tuttavia una materia “debole” per la sua presenza marginale nell’orario scolastico (l’unica materia che abbia una sola ora settimanale) e soprattutto per il fatto di poter essere scelta dagli alunni e dalle famiglie ogni inizio ciclo, esponendo l’insegnante al sentimento di sentirsi rifiutato sulla base di criteri che spesso non hanno nulla a che fare con la qualità del suo insegnamento.

In un sistema in cui tutte le discipline sono obbligatorie, l’essere titolari dell’unica materia a scelta pone problemi non facili da risolvere a livello psicologico, motivazionale e anche didattico: spesso, infatti, induce a compromessi nella scelta delle tematiche da trattare, richiede all’IdR uno sforzo di gran lunga superiore che agli altri docenti per stimolare la motivazione primaria dello studente.

Anche il rapporto con i colleghi può essere fonte di gratificazione ma anche di frustrazione. Non sono rare le battute del tipo: “Tanto tu insegni solo religione!” oppure “Che fate nell’ora di religione..”, o addirittura giudizi più svalutanti: “A che cosa serve questa materia?” “Beati voi che non soffrite di precariato!” ecc.

Voglio incoraggiarvi a gestire le aspettative degli studenti e delle famiglie, le richieste dell’Istituzione scolastica, le aspettative della Chiesa.

Il benessere del docente di religione è molto legato alla sua capacità di gestire il peso delle diverse aspettative. Le prime sono quelle che gli derivano dalla presa di coscienza dell’importanza del suo compito.

L’Idr è consapevole del valore formativo della sua disciplina e quindi dell’impegno indispensabile per fare della propria ora uno spazio di dialogo, di approfondimento critico di argomenti che molti studenti non hanno mai occasione di affrontare alla presenza di un adulto competente.

Gli stessi studenti nutrono alte aspettative riguardo l’Idr. Frequente è la richiesta che non sia un insegnante come gli altri: deve comprendere, venire in aiuto, essere dalla parte dello studente.

Se dunque da una parte l’insegnante recepisce il desiderio di gran parte degli studenti di stabilire con lui un rapporto personale, profondo e autentico, e sperimenta anche la difficoltà di far valere la sua materia d’insegnamento come disciplina scolastica a tutti gli effetti e quindi di essere seguito in un percorso sistematico con un impegno adeguato.

Inoltre il numero elevatissimo di classi (18) gli richiede lo sforzo di “reinventarsi” ogni ora, cercando di entrare in contatto e di rispondere adeguatamente alla realtà di ciascuna classe.

Anche le richieste dell’Istituzione Scolastica sono elevate e contraddittorie: deve partecipare a tutti gli organi collegiali, ma talora la sua voce nei consigli di classe è poco ascoltata, almeno rispetto a quella del docente di Italiano o di matematica… In ogni caso non è il ruolo a dare peso all’ IdR ma la credibilità che è riuscito a conquistarsi spesso con maggior sforzo di altri docenti: per far prendere in considerazione dai colleghi il suo giudizio sullo studente egli deve puntare soprattutto sulla stima e l’apprezzamento che ha saputo acquisire pazientemente giorno dopo giorno.

Anche la doppia appartenenza all’istituzione scolastica e alla comunità cristiana può essere vissuta come risorsa o come un’ulteriore esigenza a cui far fronte.

Se colleghi e studenti si  rivolgono a lui come “esperto in teologia”, al tempo stesso tendono a considerarlo poco autonomo nelle sue valutazioni e nei suoi giudizi proprio a causa della sua appartenenza ecclesiale. Non raramente questo atteggiamento è fonte di pregiudizi e malintesi.

L’insegnante di religione è consapevole di essere sempre alla ricerca di un sottile equilibrio tra le diverse esigenze che il suo ruolo comporta. Solo così egli può conservare il gusto del rapporto umano, l’interesse per la persona dei suoi studenti, la consapevolezza di contribuire significativamente alla loro formazione.

Perché questo avvenga egli deve essere sostenuto da iniziative di aggiornamento intese a rafforzare la sua motivazione e a prevenire i primi sintomi del “burnout” che si manifestano come perdita di disponibilità verso gli studenti, irritabilità eccessiva verso i colleghi, distacco nei confronti del proprio lavoro, ecc.

Vi auguro di tutto cuore l’acquisizione di una grande competenza nel suscitare negli studenti domande che contano per la vita, studenti che sappiano documentarsi, amino interrogare, discutere, ragionare.

Diceva don Bosco: “Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore”. E aggiungeva: “E Dio solo ne è il padrone. E noi non potremo mai riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte e non ce ne dà in mano le chiavi”.

Sempre disponibile ad incontrarvi, vescovo@fanodiocesi.it

Con sentimenti di stima e gratitudine invoco su ciascuno di voi la Benedizione del Signore.

 

 

 

+Armando Trasarti

Vescovo