Il 22 agosto del 1963, pronunciava la sua professione solenne. Cinquant’anni dopo, precisamente nel primo pomeriggio di domenica 22 settembre scorso presso il monastero delle Benedettine di Fano, suor Paola… ha rinnovato le sue promesse. La concelebrazione, presieduta dal Vescovo, è stata l’occasione per dimostrare, da parte di molti fedeli accorsi per l’occasione, l’affetto e la gratitudine per l’umile presenza di suor Paola. Prendendo spunto dal Vangelo del giorno, il vescovo Armando Trasarti ha chiesto se anche noi, che ci consideriamo “figli della luce”, siamo dotati della stessa scaltrezza dei “figli delle tenebre”: «La scaltrezza del diavolo ci spinge a chiederci a cosa serve quello che facciamo. – ha introdotto il vescovo Armando durante l’omelia – Il nostro essere scaltri deve impedirci di cedere alla tentazione dell’utilitarismo, donandoci la tenacia di perseverare nel nostro servizio. Un’altra tentazione è quella di pensare di salvarsi da soli e non all’interno di una comunità, cosa che, invece, voi monache ci insegnate attraverso il primato di Dio nella vostra vita». Citando poi le parole di papa Francesco rilasciate in una recente intervista, il Vescovo ha detto: «La Chiesa oggi è come un ospedale da campo; ad un ferito occorre prima curare le piaghe, poi potremmo parlare di tutto il resto. Noi popolo di Dio – ha proseguito monsignor Trasarti – siamo in forti nel dire parole di speranza? Sappiamo esprimere gioiosamente la nostra felicità di credere?».
Questa intensa riflessione del Vescovo, oltre a provocare i presenti, ha trovato anche una silente controprova che testimoniare con gioia il proprio essere cristiani non solo è una via percorribile, ma contribuisce a dare pienezza alla propria vita. Suor Paola, cinquant’anni dopo, ci testimonia proprio questo.
Matteo Itri