Una chiamata che vale anche per i cristiani di oggi

San Paterniano 2014 cardinal Giuseppe Bertello«Non è solo ricordare un Santo, ma una festa che abbraccia tutta la comunità civile. Anche se le sue vicende si collocano diversi secoli nel passato, percepiamo che ogni Santo non ha età, è sempre moderno ed è quindi in grado di parlare anche a noi oggi». Con queste parole, il cardinal Giuseppe Bertello ha introdotto la sua omelia in occasione della solenne concelebrazione per il patrono San Paterniano, tenutasi giovedì 10 luglio nella basilica di San Paterniano in Fano. Una presenza, quella dell’alto prelato della curia romana, che rinsalda quel naturale legame con la Chiesa universale, oltre che con lo stesso papa Francesco. «Un invito accolto con cordialità e senza eccessiva formalità», ha detto il vescovo Armando salutando il cardinal Bertello, che ha poi proseguito rivolgendo un pensiero ai tanti fedeli radunati per l’occasione e indicando lo stile desiderato per la Chiesa diocesana: «Lo stile del cristiano non fa conto sui mezzi e sulle strutture, sul potere e sui privilegi, ma evangelicamente sulla concordanza tra forma e contenuti, in modo da non compromettere la sua credibilità. – ha seguitato il vescovo Armando, citando poi San Francesco – Ritrovi la Chiesa la sua forma vitae, un modello di vita che si costituisca, cioè, come esempio e testimonianza del vivere secondo la forma del santo Vangelo».

Nella sua omelia, il cardinal Bertello ha sottolineato l’attualità delle vite dei Santi, paragonandole alla capacità della Scrittura di essere in grado di esprimersi efficacemente all’uomo del presente: «La storia di San Paterniano ci ricorda una chiamata che il Signore rivolge a noi oggi e che non è dunque unicamente collocata nel passato». Il padrone della messe, Dio, chiama tutti. L’annuncio però scomoda molte persone, ricalcando le difficoltà espresse da Gesù stesso: «I discepoli della prima comunità cristiana sono coscienti che la loro personalità deve scomparire per far sì che emerga solo il Signore. – ha più volte ribadito cardinal Giuseppe Bertello, che ha poi continuato fornendo alcuni concreti spunti di riflessione per la vita di ciascuno – Questo monito, che vale anche per noi, suscita in me due riflessioni: la prima è che la chiamata che Dio ci rivolge invita a prendere coscienza di quelle che sono le “esigenze del nostro battesimo”, perché non è sufficiente dirsi cristiani, ma occorre vivere quanto professiamo. In secondo luogo, annunciare il regno pur in mezzo alle difficoltà è la responsabilità che ci viene affidata, oltre che come persone, come comunità. Le tante persone che hanno abbandonato la Chiesa o che non conoscono il Signore, trovano in noi il lievito della Parola di Gesù che agisce nella nostra vita o ci comportiamo come qualsiasi altra persona? Alle volte demandiamo l’educazione religiosa dei nostri bambini alla Chiesa, dimenticandoci che la culla della formazione cristiana è la famiglia, la casa: che esempio diamo a questi ragazzi? E noi sacerdoti ci accontentiamo di essere dei buoni organizzatori o siamo veramente animati dallo zelo cristiano? L’annuncio del Vangelo scomoda perché porta a una visione nuova della vita, sia cristiana, che sociale. Questo sia uno stimolo per la nostra vita cristiana, affinché non solo celebriamo, non solo viviamo nella gioia, ma perché manteniamo fede agli impegni che, mediante il battesimo, ci siamo assunti e rinnoviamo ogni anno nella veglia pasquale. Ed è così che anche noi potremo ripetere quello che ha detto Gesù: “Ti rendo grazie perché hai rivelato queste cose ai piccoli e ai semplici”. Per avere un cuore semplice e indifeso, in grado di confrontarsi con Lui, occorre alimentare il nostro rapporto con Dio mediante la via maestra della preghiera, che ci permette di leggere le nostre scelte alla luce del Vangelo».

Matteo Itri