Chi ha fasciato il maiale di Sant’Antonio?

antonio-abate1Antonio Abate, la cui ricorrenza è il 17 gennaio, lo conosciamo tutti molto bene: è quello che va in giro accompagnato da un maialino, un maialino che talvolta si presenta con la pancia curiosamente fasciata. Ne possiamo vedere uno in Carpegna, nella chiesa di S. Leo alla Castellaccia, un altro nel Santuario del Beato Sante, a Mombaroccio, ma c’è una tavola nella Pinacoteca civica di Fabriano dove di maialini fasciati accanto a S. Antonio se ne vedono addirittura due. Grazie al porcellino S. Antonio ha finito per diventare il protettore degli animali e la sua immagine ha trovato posto in tutte le stalle. Ma è proprio l’amore per gli animali a legare S. Antonio al maiale?

Nato sulle rive del Nilo e rimasto presto orfano dei genitori, Antonio vende i beni ereditati, dona il ricavato ai poveri e si ritira, modello di virtù per i confratelli, in un monastero. Ben presto però abbandona anche il monastero e si dà alla vita eremitica nel deserto, dove vive per più di ottant’anni – muore infatti vecchissimo, ultracentenario -, divenendo l’Abate, cioè il padre degli eremiti. Nel deserto la lotta contro il demonio e le tentazioni. Fu torturato dal demonio, blandito, lusingato, bastonato. Il demonio gli apparve nelle forme più svariate: animalesche, angeliche, umane; femminili, soprattutto, stupendamente femminili. Ma l’animo di Antonio non vacillò, e sempre uscì vincitore dalla tentazione, della ricchezza, della gloria, della carne principalmente. E il demonio, sempre sconfitto da Antonio, “fu condannato – dice una tradizione popolare – a seguire il Santo sotto l’aspetto di maiale”.

La tradizione punta dunque su una precisa uguaglianza: maiale = demonio. Senza escludere anche altre possibili ragioni di abbinamento del maiale a S. Antonio (da ricordare che col lardo dei maiali si curava il  “fuoco di S. Antonio” o erpes zoster; ma questo potrebbe essere argomento di un altro incontro con il grande santo egizio), la metafora che legge nel maiale il demonio pare quanto mai plausibile. Alla voce maiale i dizionari iconografici registrano: “Per la legge mosaica, animale immondo. Nel Medioevo, simbolo di avidità e lussuria”; e non solo nel Medioevo, aggiungiamo noi,  ma anche nell’antichità: l’episodio omerico della Maga Circe, che trasforma gli uomini lussuriosi in maiali, ce lo conferma.

Ma perché quel maialino, che ormai sappiamo rappresentare in origine il demonio, e il demonio della lussuria in modo specifico, si presenta talvolta nelle raffigurazioni dei nostri pittori tre-quattrocenteschi con la pancia fasciata?

Quando la pastorizia era una realtà diffusa un po’ ovunque e a tutti nota nelle sue manifestazioni quotidiane e stagionali,  capitava di vedere in certi momenti dell’anno dei montoni con una sacca sotto la pancia – la pancella – che, imbrigliando l’organo genitale, frenava le esuberanze sessuali dei medesimi quando le pecore erano gravide. La cosa ha dato luogo anche ad un proverbio: “metti la pancella al birro (montone)”, proverbio col quale si esortano alla temperanza giovani troppo scapestrati e vivaci in amore.

Il significato comincia allora a chiarirsi: il maialino fasciato è un maialino a cui è stata messa la pancella. Il troppo scapestrato e sregolato demonio della lussuria è stato così castigato e reso innocuo. S. Antonio è colui che, non avendo ceduto alla lussuria, non ha permesso al demonio di portare a buon fine i suoi attacchi; è colui che ha saputo vanificarne gli assalti, che ha saputo domare le lusinghe e le astuzie del tentatore, castigandone la natura immonda e costringendolo all’impotenza.

Così la tradizione popolare, che già vedeva, e giustamente, il demonio costretto a seguire da sconfitto il Santo in forma di maiale, ha voluto anche, con un simpaticissimo aggancio alla più gustosa consuetudine del mondo rurale e non senza un sottile filo d’ironia e di comicità, caricarlo del segno visibile della sua sconfitta: la pancella.

                                                                                                        Guido Ugolini

Domenica 18 gennaio, alle ore 9.30 in Piazza XX Settembre a Fano in occasione della Festa di Sant’Antonio Abate, è in programma la tradizionale benedizione degli animali organizzata dall’associazione culturale sportiva dilettantistica Gruppo storico malatestiano “La Pandolfaccia” in collaborazione con la Pro Loco Fano e con il patrocinio dell’Assessorato all’Ambiente del Comune di Fano. Alle ore 9.30 è previsto il ritrovo dei cavalieri presso il campo boario. Alle ore 10.30, la benedizione degli animali in Piazza XX Settembre. A seguire, alle ore 11, in Cattedrale la Santa Messa presieduta dal Vescovo Armando.