“Vorremmo chiese piene di uomini che desiderino e sappiano amare”

DSC_4541Venerdì 30 Ottobre, in occasione della visita pastorale, il vescovo Armando ha incontrato, a Orciano, i giovani adulti: gli studenti che frequentano la IV superiore, gli universitari e i lavoratori.

Il Vescovo ha iniziato facendo una premessa: ogni persona ha un modo personale di vedere le cose e questo è determinante per la propria vita. «Si potrebbe dire – ha proseguito il vescovo – che  “Tu sei quello che pensi!”». Il racconto di B. Ferrero, “Chi sono io?”, ha chiarito tale premessa.

Allora: chi siamo? Il vescovo ha risposto presentando alcuni elementi di antropologia cristiana: a) la naturale apertura di ogni uomo alla trascendenza; b) la dimensione religiosa: l’uomo può essere definito un essere religioso; c) la dimensione del lavoro: l’uomo è anche “homo faber”, cioè capace di creare, costruire, trasformare l’ambiente e la realtà in cui vive, adattandoli ai suoi bisogni; d) la libertà dell’uomo ( il catechismo ci dice che l’uomo è “dotato dell’iniziativa e della padronanza dei suoi atti”); e) la fragilità umana.

Al termine dell’intervento, Andrea B., un giovane universitario, ha letto e consegnato poi “La lettera ad un Vescovo” che, insieme ad altri, ha scritto in vista dell’incontro con il vescovo.

Caro Padre,

…siamo qui a scriverle questa lettera non in veste di “mandati”; siamo qui, ora, perché appassionati, attratti da qualcosa di grande in questa nostra storia di giovani in ricerca.

Vorremmo in primo luogo cominciare a conoscerci. Non ci sentiamo i più bravi e neppure alcuno di noi si sente arrivato. Stiamo camminando insieme e ogni giorno continuiamo a impegnarci, così da poter mettere un mattone sopra l’altro nel mondo migliore in cui quel mattone possa essere messo. Ciò che ci tiene uniti tra le tante difficoltà riteniamo essere un Amore del quale non solo abbiamo sentito parlare, ma che abbiamo modo di continuare a vivere reciprocamente ogni giorno.

Non lo conoscevamo, e non avevamo idea che quell’Amore non fosse di natura diversa dallo stesso Amore di Dio. Tuttavia lo sentiamo, …forte. Ad oggi facciamo ancora fatica a chiamarlo con il suo vero nome, ma ci stiamo lavorando.

Crediamo che questa espressione dell’Amore sia fondamentale per l’uomo, appassionante, ma non sempre l’uomo è capace di trasmetterlo. Dobbiamo rapportarci con una realtà affatto interessata alla Persona, che spesso della persona fa uso.

L’inferno di cui parliamo non è qualcosa che sarà: 

“Se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni. Ci sono due modi per uscirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo invece esige attenzione e apprendimento costanti: cercare e saper riconoscere ciò che, in mezzo all’inferno, non è inferno, farlo durare e dargli spazio.” (Italo Calvino)

In questo senso sentiamo il bisogno della Sua presenza di Padre, di una Chiesa che accolga. Desidereremmo una Chiesa che sappia trasmettere questo Amore, che si impegni nel farlo e soprattutto che abbia necessità di Viverlo. Vorremmo esserne sconvolti.

Non ci piacciono le chiese piene di giovani per illudersi di una falsa presenza, vorremmo chiese piene di uomini che desiderino e sappiano amare. Crediamo che se ci consumiamo per Amore dell’altro, la nostra vita valga di più.

Grazie della sua presenza, con il desiderio che questo nostro incontro non si limiti a essere un unico evento.

I suoi giovani