“La scelta verginale consiste essenzialmente nell’amore, nasce dalla scoperta contemplativo-esperienziale dell’amore e mira all’aumento della capacità di amare. In una parola, la verginità è “fatta” di amore, ed è possibile solo come scelta dettata dall’amore”. Con queste parole il Vescovo Armando si è rivolto, martedì 2 febbraio nella Basilica di San Paterniano, a tutti i consacrati e le consacrate in occasione della Festa della Presentazione del Signore e della chiusura dell’anno della Vita Consacrata. Il Vescovo, durante l’omelia, si è soffermato su questa festa nota in passato come festa della Candelora o della Purificazione di Maria, che la comunità cristiana celebra il 2 febbraio e che mostra la sapienza della Chiesa primitiva. La Chiesa ha collocato questa festa in un giorno che era importante anche per le altre culture e religioni. Riprende tradizioni e usanze romane, greche, ebraiche, celtiche e germaniche e ne trasforma il significato. È rimasta la tradizione devozionale di questo giorno, ma il suo senso oggi è diverso. Rivolgendosi, di nuovo, ai consacrati e alle consacrate il Vescovo ha posto l’accento sulla qualità di vita e di testimonianza. “Se vogliamo capire il “come” (come vivere da persone mature e libere nel cuore) dobbiamo prima chiarire il “cosa” (cosa significhi maturità e libertà affettiva): ben ricordando che a noi è richiesta non una maturità affettiva qualsiasi, ma quella tipica di chi ha ricevuto il carisma della verginità per il Regno, per la Chiesa e nel mondo ed è chiamato a viverlo secondo la vocazione particolare del suo istituto di appartenenza. In tal senso una maturità affettiva di base è condizione fondamentale, come una terra buona per accogliere un tale carisma; dall’altro ne è conseguenza, come un frutto. Essere vergini per il regno in quanto consacrati e consacrate vuol dire: amare Dio al di sopra di tutte le creature (= con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze), per amare con il cuore e la libertà di Dio ogni creatura, senza legarsi a qualcuna né escluderne alcuna (= senza procedere con i criteri elettivo-selettivi dell’amore umano), anzi, amando in particolare chi è più tentato di non sentirsi amabile o di fatto non è amato. È solo un certo stile di vita – ha proseguito il Vescovo – che consente di capire e vivere la verginità: d’altro canto la verginità aumenta la qualità della vita. La verginità non sopporta la mediocrità. Nulla come l’opzione vissuta nella fedeltà appassionata, favorisce la qualità della vita: il gusto della bellezza, lo spirito di sobrietà, l’eleganza del tratto, il culto della verità, l’efficacia della testimonianza, la trasparenza contagiosa. Oggi pensare di camminare isolati non ha più senso. Occorre ritornare all’essenziale della vita consacrata che è la chiamata del Signore. Le diversità non ci devono diminuire o impoverire; le diversità devono arricchirci. E questo dobbiamo impararlo nella pratica. Tipico di un consacrato – ha concluso il Vescovo – è l’aver sperimentato la misericordia di Dio e donare questa misericordia agli altri nella sua vita consacrata. E questo dovrà accentuarsi nelle opere di misericordia corporali e spirituali.
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