Sul martirio e la fortezza, tematiche delicate al giorno d’oggi, si è soffermato il Vescovo Armando, lunedì 5 dicembre nella parrocchia di San Giuseppe al Porto, nell’omelia in occasione della Festa di Santa Barbara, patrona dei Vigili del Fuoco e della Marina Militare.
“La celebrazione di Santa Barbara, vergine e martire – ha sottolineato il Vescovo – ci invita a meditare sul senso del martirio. Barbara, infatti, appartiene alla gloriosa schiera dei martiri cristiani dei primi secoli. Il punto di partenza per comprendere il martirio è la parola di San Paolo “tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo, saranno perseguitati”. Se alla fede – ha proseguito il Vescovo – segue una condotta coerente, la fede medesima acquista visibilità non solo davanti a Dio, ma anche davanti al mondo. Ma fino a che punto deve spingersi questa testimonianza? La domanda non si pone quando siamo approvati in ciò che facciamo di bene. Ma può accadere che di fronte ad un comportamento che riteniamo essere esigito dalla nostra fede o dal dettato della nostra coscienza morale, l’approvazione degli altri venga meno. Anzi: subentra perfino la persecuzione sotto le più svariate forme. E’ ciò che ci dice san Paolo: “tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo, saranno perseguitati”. E’ ciò che accadde a Barbara. La scelta di Cristo per lei significò la scelta della verginità consacrata, in opposizione ai disegni di suo padre. Fino a che punto si deve resistere? Fino a subire la morte fisica o “civile”? Esistono esigenze della dignità di ogni persona umana, difese da quelle norme morali che non ammettono eccezioni, dalle quali non si può mai recedere. La Chiesa, proponendo l’esempio di numerosi martiri, anche della vostra patrona Santa Barbara, ed elevandoli agli onori degli altari, ha dichiarato solennemente che così pensando e così agendo non hanno sbagliato. Ma nel momento in cui il martire afferma l’inviolabilità dell’ordine morale, afferma anche l’intangibile dignità della persona umana, che non è mai lecito svilire o deturpare. Gesù dice: “che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde o rovina se stesso”. La dignità della persona non ha prezzo, fosse anche quello della vita. Come ci ha detto Gesù: “chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita, la salverà”. Il martirio sconfessa come illusoria qualsiasi giustificazione, addotta in base alla supposta “eccezionalità del caso”, di azioni ingiuste. Cari amici, la scelta di vita che avete fatto vi domanda di coltivare in voi in primo luogo la virtù della fortezza. Lungi da voi il pensare che essa sia una disposizione del carattere, è un’attitudine permanente del vostro spirito in forza della quale la vostra libertà non si esime dal fare ciò che è giusto a causa dei pericoli e delle difficoltà. Fortezza non è prepotenza, non significa incutere paura, ma è dignità. La vera fortezza perciò è sempre accompagnata dalla perseveranza anche nella difficoltà, dalla capacità di sopportare contrarietà e dolori, dalla magnanimità propria di chi non fugge dalle imprese grandi a causa dei pericoli. I martiri ci hanno dato un esempio eminente di questa virtù. Il Vescovo ha concluso l’omelia citando le parole di San Cipriano [Lettera 58, 8,1]: “Gli uomini si esercitano e si preparano alla gara in questo mondo e considerano una grande gloria per la loro onorabilità se a loro tocca di essere incoronati mentre il popolo assiste e l’imperatore è presente. Ecco la gara sublime, grande e gloriosa per il premio della corona celeste: che Dio ci osservi mentre lottiamo e tenendo aperti gli occhi su di noi che egli ha avuto la bontà di rendere suoi figli, goda lo spettacolo del nostro combattimento””.
[youtube height=”HEIGHT” width=”WIDTH”]https://www.youtube.com/watch?v=WkGdz–3hQc[/youtube]