Il pane e il vino, quarto segno della Veglia Pasquale, ha fatto da filo conduttore alla meditazione di don Francesco Pierpaoli, lunedì 19 marzo nella Basilica di San Paterniano, in occasione del quinto quaresimale. E’ proprio davanti al gesto dello spezzare il pane – ha sottolineato don Pierpaoli – che si aprono gli occhi degli amici di Gesù, di coloro che lo hanno visto condannato innocente al supplizio della croce.
La chiave di lettura che vorrei offrirvi stasera davanti al pane e al vino è questa: se manca l’ospitalità e la prossimità, se come il buon samaritano non ci facciamo prossimi prendendoci cura di chi ci è vicino fasciando le sue ferite, davanti all’eucaristia ci si annoia. Aumenteranno i tabernacoli, i fiori, le luci ma con loro aumenteranno anche i poveri, gli emarginati e l’ingiustizia nei riguardi dei crocifissi del mondo”.
Soffermandosi, in maniera più approfondita, sul pane e il vino, don Francesco ha posto l’attenzione sul loro valore per l’uomo. Nel pane l’uomo vi riconosce gli elementi fondamentali del mondo: la terra che riceve il seme e fa crescere il grano, l’acqua nell’impasto con la farina, e il fuoco e dunque l’aria per la cottura. Il pane è da sempre, in tutti i linguaggi e le culture, metafora del cibo, così che per l’uomo non avere pane significa non avere cibo. Il vino, a differenza del pane, non è principio di sussistenza per l’uomo, non è dell’ordine della necessità, perché senza vino si può di certo vivere. Il vino è invece simbolo della gratuità, narra l’eccesso della vita umana, è sinonimo di festa e pienezza di vita. Perché destinato alla gioia, il vino richiede la comunità, la condivisione, il legame sociale. Sia il pane sia il vino sono sinonimi di condivisione, perché umanizzandosi l’uomo non mangia e non beve solo come fanno gli animali, ma condivide con gli altri ciò che lo fa vivere e gioire.
Mai l’uno senza l’altro, il pane e il vino sono portati insieme all’altare perché uniti sono il segno che la vita dell’uomo quando è pienamente umanizzata è sempre quotidianità e festa, necessità e gratuità, fatica e gioia, obbedienza e libertà. Solo dall’eucaristia, e in essa dal gesto profetico della frazione del pane, le comunità cristiane potranno rinnovare la loro consapevolezza che la Chiesa in Europa e nell’occidente non può essere corpo di Cristo se in essa i cristiani, rigettando ogni forma di egoismo, non condividono i loro beni con i poveri, quelli a loro prossimi come quelli lontani. Fino a quando le comunità cristiane del mondo occidentale non vivranno la loro liturgia eucaristica come presentazione a Dio del pane «frutto della terra e del lavoro dell’uomo» e non lo condivideranno alla presenza di Dio con i fratelli, essi saranno sempre in qualche modo corresponsabili di quella ingiustizia sociale che è all’origine della crisi economica”.