“La misericordia di Dio non ci può condurre alla banalizzazione del peccato”

“Con umiltà e verità ci portiamo davanti a questa celebrazione iniziale partendo proprio dal Salmo 129, uno dei sette salmi penitenziali”. Queste le parole del Vescovo Armando mercoledì 6 marzo durante il ritiro del Clero in Cattedrale, Mercoledì delle Ceneri, che ha dato inizio alla Quaresima.
Il Vescovo ha introdotto la celebrazione con le parole del suo Messaggio proprio in occasione di questo tempo forte dell’anno liturgico.
“L’esperienza di battezzati  – ha sottolineato il Vescovo – ci fa scoprire ogni giorno di più come la nostra vita cambia solo per gli incontri autentici che viviamo. Decisivo è quello con il Salvatore che ci apre ripetutamente il varco attraverso la sua morte e risurrezione, all’incontro con Dio. Ecco il tempo di Quaresima come itinerario privilegiato di conversione e di vita nuova. L’incontro con Dio trasforma l’esistenza. Protesi alla gioia pasquale. Questo mistero ci invita a non indugiare, a non rimanere tiepidi. Ci fa essere slanciati. La Quaresima c’è proprio perché possiamo nuovamente armonizzarci, ricompattarci, riequilibrarci, riprendendo in mano il volante della nostra vita per ritornare in carreggiata”. Prima del rito dell’imposizione delle Ceneri, il Vescovo Armando ha voluto incentrare la sua riflessione sul Salmo 129 in cui il pellegrino supplica il Signore di ascoltare la sua voce che implora il perdono.
“Egli – ha affermato il Vescovo – esprime la richiesta e la preghiera di chi si riconosce peccatore. E’ un inno alla misericordia dell’Altissimo. Il Salmo è l’accorata invocazione dell’uomo caduto nel peccato, lontano da Dio, perso sulle tante strade che conducono in un paese dove si sperpera un patrimonio di bene e si sporca la bellezza delle proprie origini, l’effige del Creatore. Un abbandono incondizionato che cede il passo alla speranza perché – citando le parole di David Turoldo – anche il disperato spera; anche il suicida spera. Pure la morte spera; e può essa stessa comporsi in un estremo De profundis. Anche il fiotto del sangue è un inaudito gemito. Il Salmo 130 – ha proseguito il Vescovo Armando – è un’incalzante richiesta di ascolto, di attesa e di redenzione. Ma come invocare il Signore tra le tenebre dell’abisso? Come gridare quando le parole diventano nodo, quando non riescono ad arrivare sulle labbra? Bisogna alzare il capo, guardare in alto; guai fissare la terra, il fondo del “barile”. Dall’abisso del peccato, il pellegrino sale verso il monte della misericordia del Signore. La misericordia di Dio – ha precisato il Vescovo – non ci può condurre alla banalizzazione del peccato”.
Il Vescovo si è poi soffermato sul timore di Dio che non ha nulla a che vedere con la paura. Il timore di Dio indica stupore, meraviglia. “Il timore di Dio – ha proseguito il Vescovo – diventa speranza, attesa fedele del compimento della promessa di Dio”.
In conclusione il Vescovo ha citato le parole di Sant’Ambrogio. “Vedi quanto è buono Iddio, e disposto a perdonare i peccati: non solo ridona quanto aveva tolto, ma concede anche doni insperati. Nessuno pertanto si perda di fiducia, nessuno disperi delle divine ricompense, anche se lo rimordono antichi peccati. Dio sa mutar parere, se tu sai emendare la colpa”.