I diaconi sono chiamati a “camminare”, “edificare” e “confessare”: così, possiamo oggi ritemprarci e riprendere vigore, per offrire al mondo il volto delle cose semplici e autentiche. E’ una sfida quella che Francesco lancia al ministero diaconale. Francesco, con il suo insegnamento, ci presenta una visione chiara di “Chiesa diaconale”. Essa include il servizio ai poveri e ai sofferenti nelle opere di carità cristiana, così come l’opposizione profetica contro ogni ingiustizia. Ma incorpora in sé anche il raggiungimento di coloro che sono poveri spiritualmente, i cercatori della verità, i lontani da Dio, quelli che non sono mai stati cristiani e quelli che non credono più.
E’ molto significativa la lettera, scritta a mano, che il Papa ha inviato per l’ordinazione di alcuni diaconi a Buonos Aires. Ha scritto loro: “Servizio per Gesù Cristo, servizio per la Chiesa, servizio ai fratelli, specialmente quelli più poveri e bisognosi: non siate “diaconi a ore” né funzionari. La Chiesa non è una Ong. Che il servizio scavi la vostra vita. Come il diacono Lorenzo, mettere la carne sulla brace”.
Così, nell’omelia di inizio pontificato, festa di san Giuseppe, Francesco diceva che la vocazione del custodire significa “aver cura di tutti, di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore!”
E, ancora, nell’omelia del 20 marzo 2017 a Santa Marta, Francesco ricordava: “Voi siete i custodi del servizio nella Chiesa: il servizio alla Parola, il servizio all’altare, il servizio ai poveri. La vostra missione, la missione del diacono, e il suo contributo consistono in questo: nel ricordare a tutti noi che la fede, nelle sue diverse espressioni (la liturgia comunitaria, la preghiera personale, le diverse forme di carità), e nei suoi vari stati di vita (laicale, clericale, familiare), possiede un’essenziale dimensione di servizio. Il servizio a Dio e ai fratelli”. Il pericolo da cui guardarsi è il clericalismo. L’altra tentazione da evitare è il funzionalismo. Per Francesco non c’è liturgia che non ti apra al servizio dei poveri; non c’è servizio ai poveri che non conduca alla liturgia. Non c’è vocazione ecclesiale che non sia familiare.
Per i diaconi questa corresponsabilità è chiamata a esprimersi attraverso la costruzione di una rete che favorisca un interscambio di “modalità di uscita” innovative ed efficaci. Per essere diaconi solidali dobbiamo “fare rete”. Fare catena. Le opere di Dio sono tutte in collaborazione.