La solitudine è stato il male di questo tempo: dalla morte delle persone care al presumere che erano gli altri ad essere pericolosi per noi.
Questa solitudine ha attraversato credenti e non credenti, giovani e vecchi. Finalmente la vita non l’abbiamo divisa tra ciò che è privato e ciò che non lo è: c’è stata una specie di tregua, se non vogliamo chiamarla pace, tra la sfera religiosa e quella scientifica in nome dell’uomo, della sua umanità, perduta la quale fede e ragione rimangono solo parole astratte. Così abbiamo scoperto che le questioni vanno affrontate insieme, come comunità, perché solo insieme, remando tutti dalla stessa parte ne verremo fuori: «siamo tutti sulla stessa barca» nella sua solitudine abitata da Dio Papa Francesco!
Nelle nostre comunità parrocchiali questo si è più o meno tradotto nell’aver osato qualcosa di creativo coinvolgendo la Caritas, i catechisti, le famiglie … oggi mi sembra altrettanto importante affrontare con un respiro più ampio il cammino che ci aspetta. Abbiamo bisogno di una la diocesi, di una metropolia, di una regione, le Marche, in cui i cristiani condividano maggiormente l’ascolto per discernere i tempi che ci attendono.
Sono certo che la speranza si nutre di memoria, di tutto quello che in questi giorni abbiamo vissuto e a cui magari non riusciamo ancora a dare un nome. E perché dall’emergenza si passi a uno stile di vita nuovo è necessario avviare l’ascolto di tutti.
Il cammino del discepolo, come quello della Chiesa è sempre e comunque un esodo: anche la storia dolorosa che stiamo vivendo, è sotto il segno della risurrezione e della vita, non del fallimento, della rovina, della morte.
Nel tempo di Pasqua, nella precarietà e difficoltà dei mezzi e nella fragilità di un tempo che ci ha ferito profondamente abbiamo avviato i Tavoli sinodali che hanno rappresentato un’occasione felice per poterci ascoltare, per uscire fuori dai propri ristretti cenacoli. Le testimonianze e le sintesi pervenute sono il segno eloquente di un cammino nuovo e inarrestabile che è in atto.
L’assemblea diocesana che si terrà on-line l’8 e il 9 giugno prossimo rappresenterà un primo momento di restituzione dell’ascolto nella certezza che ridare speranza significa riannodare i fili della fraternità e dell’amicizia profonda tra preti e laici. Non lasciamoci scoraggiare dalla precarietà e dalla gradualità dei tempi di ripresa ma rallegriamoci nell’essere un popolo in cammino.
don Francesco Pierpaoli
Vicario per la Pastorale