Assemblea pastorale

Ripetitori o testimoni? Laici e aggregazioni laicali in una Chiesa in uscita

Essere pastori implica un essere pazzamente innamorati di questa umanità per farla nostra, per caricarla sulle nostre spalle (Caterina da Siena).

Prima di tutte le tecniche, prima di tutte le teologie, le ecclesiologie, la pastorale è guardare l’uomo nelle sue profondità, per dirgli: “Qualcuno ti ama, non ti giudica, qualcuno ti aspetta: ricominciamo questo cammino verso di Lui sapendo che, qualsiasi cosa possa accadere, niente e nessuno potrà separarti da Lui” (Atti convegno Ecclesiale Verona 2006).

Riconosciamo che non siamo del tutto in una situazione di fine cristianità.
Non per conservazione ma per purificazione e profezia, noi dobbiamo gestire, nel bene e nel male, i riflessi condizionati del cristianesimo sociologico. Ciò che resta di “cristianità” nelle abitudini sociali è al contempo risorsa e fatica pastorale per il passaggio da una fede di convenzione ad una fede di convinzione. Solo all’interno di una fede di convinzione la celebrazione eucaristica passa dall’essere “per dovere” o “per circostanza” o “inutile”, al suo essere “Incontro d’amore necessario”. Ci dobbiamo allora preoccupare di fare dei riti in cui partecipano “non praticanti” – spesso matrimoni ed esequie – occasioni che facciano interrogare.

E’ praticante l’iniziato che fa costante esercizio di apprendimento della vita cristiana.

A lungo ci siamo consegnati all’idea che il cristianesimo, per poter essere realizzato, dovesse prima essere detto. Cominciamo ora a capire che il cristianesimo per poter essere detto deve anzitutto essere fatto. I ripetitori, chiunque essi siano e per quanto valgono, non sono gli uomini nuovi di cui abbiamo bisogno. La fede cristiana deve essere testimoniata: non una testimonianza aggiunta, ma vita sgorgante dalla PAROLA. Dobbiamo offrire esperienze…

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