Un viaggio di pace intenso, fatto di volti, storie, incontri, quello che, dall’1 al 3 aprile in Ucraina precisamente a Leopoli, ha vissuto suor Catherine Southwood (attualmente presta servizio come volontaria nella casa di reclusione di Fossombrone, nel Centro di Ascolto Caritas e a Casa Nazareth aiuta una famiglia siriana) insieme ai volontari dell’Associazione Papa Giovanni XXIII con la carovana per la pace, azione di pace nonviolenta in Ucraina, alla quale hanno aderito numerose associazioni e organizzazioni. L’abbiamo seguita, dalla nostra redazione tramite whatsapp, durante il viaggio e abbiamo cercato, per quanto possibile attraverso i suoi messaggi e i suoi video spesso toccanti e intensi, di condividere, con lei, seppure da lontano, la sua esperienza.
L’avevamo contattata il giorno precedente alla sua partenza per chiederle lo stato d’animo a poche ore dal suo viaggio. “Sento dentro di me un grido di speranza, il grido di un popolo che sta attraversando una prova durissima, ma che sa anche che qualcuno arriverà a portare aiuto”. E gli aiuti sono arrivati a destinazione grazie ai pullmini carichi di tutto il necessario. Suor Catherine è riuscita quasi sempre a tenersi in contatto con la nostra redazione eccetto il giorno in cui sono rimasti a Leopoli. Rientrata in Polonia ci ha raccontato che la notte sono scesi nel bunker del seminario della città per circa due ore. “Mentre eravamo a Leopoli – ci ha spiegato – le sirene hanno suonato due volte per qualche minuto. La gente sembra capire la differenza del suono, quello che mette in allerta e quello che avvisa di un pericolo imminente”.
Poi ci ha inviato una fotografia, un piccolo mazzo di fiori bianchi. “Un signore ucraino si è avvicinato a me offrendomi dei fiori. Ho pensato che volesse un’offerta, invece no; regalandomeli mi ha chiesto solo un abbraccio e di pregare per il suo popolo”.
Questo è solo uno dei messaggi commoventi che ci ha inviato, durante il viaggio suo Catherine, a cui si è aggiunto anche quello di don Adamo, cappellano del carcere di Piacenza che fa parte dell’Associazione Papa Giovanni XXIII: “Leopoli ha gli occhi di un bambino! Ieri pomeriggio siamo stati alla stazione, tanta gente confusa e agitata! Due giovani si stringono in lacrime: lei deve partire, lui resta! Ad un certo punto, seduto alla porta della stazione, un bambino biondo, occhi curiosi, appoggiato alla sua mamma e circondato dai suoi fratelli, incrocia il mio sguardo, mi sorride e mi saluta. Sembra dirmi: ci puoi prendere tu? Ti prometto che saremo bravi! Gesù, ancora ci stai dicendo che non hai dove posare il capo?”.