“Un libro pacato, sereno, che mi ha portato a fare tante soste per riflettere”. Lo ha definito così il Vescovo Armando il libro di Gemma Calabresi “La crepa e la luce” (Mondadori) presentato, sabato 25 giugno in Piazza XX Settembre, a Passaggi Festival nella serata dedicata al 50esimo dell’assassinio del commissario Luigi Calabresi. Gemma Calabresi ha conversato con il Vescovo e con Luigi Contu, direttore Agenzia Ansa.
“Nelle esperienze – ha messo in evidenza il Vescovo – il dolore non va mai seppellito, ma occorre esaminarlo, viverlo, osservarlo. La grazia presuppone la natura e il percorso del superamento del rancore è un percorso di natura. Ho letto il libro appuntandomi alcune soste – ha sottolineato il Vescovo citando alcune parti del volume – la prima è quella che si può vivere una vita d’amore anche dopo un dolore lacerante, si può credere negli esseri umani anche dopo averne conosciuto la meschinità, si può trovare la forza di cambiare prospettiva, allargare il cuore, sospendere il giudizio. La parola è ‘si può’ non ‘si deve’. E ancora, seconda sosta, una rabbia sorda, la voglia di urlare, il mio percorso di fede e di perdono è una strada senza ritorno, ma a volte i ricordi rendono il sentiero sdrucciolevole e non scivolare è difficile”.
La terza sosta su cui si è soffermato il Vescovo riguarda l’educare i giovani. “Degli altri bisogna fidarsi. Nella vita è più facile incontrare il bene piuttosto che il male – ha messo in evidenza il Vescovo leggendo alcune parti del libro – il rancore e la vendetta sono un veleno che toglie i colori del mondo”. E ancora: “la rabbia è un sentimento anche legittimo, ma bisogna aprire i pugni e lasciarla andare perché ogni giorno odiando è un giorno in cui non soffia il sole”.
Quarta sosta quella del perdono. “Il perdono è un dono senza contraccambio, che facciamo con le nostre mani, un ricucire che non ci rende immuni dal dolore e dalla rabbia e non toglie significato e senso alla giustizia, ma ci fa sentire parte di un tutto meno infelici e meno soli”.
La parola poi a Gemma Calabresi che ha voluto sottolineare come tutta l’educazione dei suoi figli sia stata improntata all’amore e mai all’odio. “Ho fatto l’impossibile – ha affermato – per non educare i miei figli nell’odio e nel rancore perché l’odio e il rancore non ti permettono di vedere ciò che di bello c’è intorno. Ho fatto sempre in modo che si fidassero degli altri, che amassero gli altri”. Poi la memoria di Luigi Calabresi. “La memoria ha le gambe – ha sottolineato – perché dobbiamo far vivere Gigi ogni giorno: averlo fatto vivere quotidianamente, infatti, credo sia stato un grande aiuto per tutti noi e per i figli”.