Giovedì 19 si è tenuto incontro Clero di Metropolia

Esercizi di fraternità

Ormai da diversi anni, per una felice intuizione dei Vescovi della Metropolia di Pesaro, Fano e Urbino e il supporto convinto di alcuni sacerdoti impegnati in ambito ecumenico per l’unità dei cristiani e i gemellaggi con Chiese di confessione cristiana diversa da quella cattolica, il giovedì che capita durante la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani è occasione di un incontro fraterno tra i sacerdoti delle tre Diocesi insieme ai loro Vescovi e alle delegazioni di altre Chiese cristiane, sia locali che di altri paesi europei. Quest’anno, come di consuetudine a Fano presso il Centro pastorale (ex Seminario regionale), l’incontro si è svolto nella mattinata di giovedì 19 gennaio dalle 9.30 fino al pranzo compreso. Presenti i tre Vescovi della Metropolia e tanti sacerdoti (circa un centinaio) con una sorpresa al momento del pranzo, offerto dalla Diocesi di Fano: dopo una visita del mattino al Santuario di Loreto sono arrivati per stare a tavola insieme a tutti noi una ventina di giovanissimi ragazzi e ragazze ortodossi arrivati alcuni giorni prima dalla Romania con la delegazione ufficiale costituita oltre che dai loro parroci ortodossi, i Rev. di Sacerdoti Padre Nicu, Padre Damaschin, Padre Cristian oltre anche da tre persone d’eccezione che ci hanno guidato con le loro testimonianze di vita nella mattina vissuta insieme,  Il Vescovo della Chiesa cattolica di Rito latino di Timisoara Mons. József-Csaba Pál, il Vescovo ausiliare della Chiesa cattolica di Rito greco di Lugoj, Mons. Calin Ioan Bot e il Consigliere Vicario del Vescovo Ortodosso di Caransebes, il Rev. do Sacerdote Alin Campean.

La mattina presso il Centro pastorale è stata impostata, dopo il saluto e l’introduzione da parte di Mons. Armando Trasarti, Vescovo di Fano, sull’ascolto delle testimonianze di amicizia, vita fraterna, ecclesiale ed ecumenica dei tre ospiti d’eccezione. Devo dire che sono rimasto, siamo rimasti senza parole per la freschezza, verità e concretezza delle testimonianze ascoltate. La Romania ha vissuto durante il periodo comunista del dittatore Ceausescu una storia molto buia dura e difficile, specialmente per le Comunità cristiane Greco Cattoliche, forzatamente estinte con requisizione dei loro beni immobili (Chiese, Seminari, Conventi e Monasteri) e reclusione in carcere o domicilio coatto dei loro Vescovi e Sacerdoti. Di questi Vescovi, ben sette, hanno conseguito la palma del martirio per la fede negli anni ’50 del secolo scorso, riconosciuto di recente con la loro proclamazione a Beati da parte della Chiesa Cattolica. La proclamazione del riconoscimento ufficiale della loro santità e del loro martirio è stata effettuata dallo stesso Papa Francesco nel contesto del viaggio apostolico in Romania del 2019, esattamente il 2 giugno nella città di Blaj.

Persecuzioni e ferite così profonde, inflitte dal regime comunista, hanno purtroppo visto complice diretto o indiretto anche qualche rappresentante della gerarchica della Chiesa Ortodossa rumena dell’epoca. Tutto questo, insieme a molte altre sofferenze e grandi prove anche per la Chiesa Ortodossa di Romania, la Chiesa cattolica di Rito latino e le altre Chiese cristiane da secoli presenti in vaste aree della Romania, avrebbe potuto produrre solo risentimento, desiderio di vendetta e resa dei conti dopo la caduta del regime comunista nei primi anni ’90. E invece i tre testimoni ci hanno raccontato un’altra storia: di perdono, di fraternità convinta, di ristabilimento, anche se parziale, della giustizia dopo i torti subiti. Tutto questo non solo a livello di membri appartenenti alla gerarchia dai quali i tre testimoni hanno appreso questo stile evangelico ma anche al livello più quotidiano del popolo di Dio. Che dire? Solo grazie. Tanti miei confratelli spesso mi dicevano negli anni passati: ma poi in Romania c’è davvero questa ricerca di unità tra i cristiani cattolici, ortodossi??? La domanda sapeva già di risposta negativa. E invece ci siamo dovuti arrendere: ci sono segni evidenti e forti che le cose non sono andate solo in senso antievangelico ma anche evangelico, sia durante la dittatura come dopo la caduta del regime di Ceausescu. Questa via dell’ecumenismo si chiama la via dell’amore che ti chiede di fare il primo passo perché un Altro ha fatto e fa sempre il primo passo per te dal giorno della Sua morte in croce e della Sua risurrezione.

L’unità è il cuore del Vangelo e la bussola per grazia di Dio è rimasta ben orientata in questa direzione, nella quotidianità fatta di preghiera e di attenzioni concrete a fare insieme tutto ciò che può essere fatto insieme. Così ci hanno raccontato e testimoniato tutte e tre le voci di questi fratelli rumeni che a turno hanno preso la parola in un ascolto ecumenico che fa davvero bene al cammino sinodale in corso. E dove starebbero gli esercizi di fraternità? Direi innanzitutto nell’ascolto, cordiale e aperto. Le parole buone e vere fanno bene al cuore anche di noi sacerdoti cattolici della Metropolia. Fanno bene perché sono credibili e provate nel crogiuolo della pasqua di Gesù che si è prolungata spesso silenziosamente nelle vicende personali e nelle relazioni anche nei recenti tempi di “gelo” ecumenico prodottosi tra le Chiese cristiane in Romania a causa di diversi fatti che sembrano fare rallentare il passo spedito della fraternità. Anche quando è inverno e c’è il gelo impariamo a custodire i gesti della vita in attesa della primavera. Possiamo prestare al vicino di casa la brace del fuoco perché il suo fuoco si è spento. Bellissima storia, questa delle braci, che ci ha raccontato uno dei testimoni, rinviando alla pratica in uso tra famiglie cristiane, ortodosse e cattoliche, in tempi passati in cui il fuoco acceso garantiva un po’ di tepore nella vita di casa. Un secondo passo di questi esercizi ecumenici, dopo l’ascolto e la fiducia data ai testimoni, può essere il passare a prestare “la brace” del fuoco dell’amore da una vicenda personale o ecclesiale in cui l’amore è vivo, grazie allo Spirito Santo, ad un’altra dove l’amore langue perché ferito e disfatto. Gli spigoli rimangono, il mondo non può essere tutto tondo ma la fraternità, vissuta così come ci è stata testimoniata, può fare apprezzare e guardare diversamente, anzi valorizzare, anche gli spigoli.

Dopo l’esperienza della mattina, insieme (anche a tavola), ho riletto e trovata più vera e chiara per me la frase di Pascal stampata nella lettera di invito inviata a tutti i sacerdoti: Senza la voce dei profeti, non sapremmo chi ci ha messo in quest’angolo di universo, che cosa siamo venuti a fare e che cosa diventeremmo morendo. Grazie anche a Don Francesco, Vicario pastorale della Diocesi di Fano, per avere moderato la mattinata e condotto con sapienza questi “esercizi” di fraternità e di sinodalità.

 

Don Mario Florio
Parroco S. Croce – Pesaro