Il giorno della memoria non è una mobilitazione collettiva per una solidarietà ormai inutile. E’ piuttosto un atto di riconoscimento di questa storia; come se tutti, quest’oggi, ci affacciassimo ai cancelli di Auschwitz a riconoscervi il male che è stato (la ‘metropoli della morte’!). Shoah = “catastrofe” E’ stato deciso sulla base del fatto che il popolo ebraico non merita di vivere.
Il giorno della Memoria non vuole misconoscere gli altri genocidi di cui l’umanità è stata capace, né sostenere un’assai poco ambita “superiorità” del dolore ebraico.
Non è infatti un omaggio alle vittime, ma una presa di coscienza collettiva del fatto che l’uomo è stato capace di questo. Non è soltanto la pietà per i morti a animarlo, ma la consapevolezza di ciò che è accaduto. Che non deve più accadere, ma che in un passato ancora molto vicino a noi, nella civile e illuminata Europa, milioni di persone hanno permesso che accadesse. La Shoah è la testimonianza evidente che l’uomo, quando dimentica di essere creatura e vuole essere dio, annienta se stesso. Per questo è importante non dimenticare e fare in modo che questo evento non cada nell’oblio.
Attraverso l’accumulo dei ricordi, la memoria costruisce la persona come insieme di idee e valori tendenzialmente coerenti, ossia la “personalità” dell’individuo. La memoria è componente essenziale per l’identità dell’individuo e la sua eventuale integrazione nella società.
La propria identità si costruisce a partire dal ricordo del bene ricevuto, nella consapevolezza di essere stati autori di azioni malvagie.
In questo senso la Bibbia non ha paura di essere onesta, né opera rimozioni, che si tratti dei tradimenti storici del popolo o di quelli degli apostoli. Il presente continua a non migliorare: rigurgiti di antisemitismo, fenomeni di razzismo, barconi alla deriva nel Mediterraneo, uomini, donne e bambini, assiepati in condizione disumana nel cuore dell’Europa.
Il presente è una ragazza che viene insultata e beffeggiata. E’ un bambino bullizzato di 10 anni che si toglie la vita. Forse perché gay, forse perché obeso, forse perché solo introverso. E’ una barca improvvisata di migranti che scappano dalla guerra e muoiono in mare, o subiscono il nostro odio, se sopravvivono. E’ il pregiudizio costante. Sono gli occhi puntati su chi è diverso da noi.
Piccoli e grandi segnali di intolleranza che dovrebbero metterci in allerta, convincerci che sia arrivato il momento di recuperare la nostra memoria perduta, riavvolgere i nodi della storia e tornare a raccontarla ai nostri figli. Dobbiamo gridare un no a ideologie e regimi che considerano alcuni esseri umani inferiori.
In qualsiasi ottica la si veda e ogni riflessione l’Olocausto comporti, credo che esperienze come queste sconvolgano il cuore e macchino per sempre di vergogna e orrore chi le ha vissute; per tali ragioni nella giornata della Memoria è importante non fermarsi solamente al passato, ma ricordare che bisogna vigilare attentamente per far sì che nulla del genere si ripeta.
Così il ricordo sembra avere una precisa finalità: l’evitare la ripetizione dell’evento commemorato, prevenendone e combattendone le cause. Il rischio è quando alcune celebrazioni spingono alla rivendicazione del male subito e il rischio è di non fare altro che alimentare la spirale dell’odio e del pregiudizio: siccome i nostri antenati sono stati vittime dei vostri antenati, oggi vi dobbiamo guardare con sospetto-inimicizia-odio. Molte incapacità di costruire una convivenza pacifica fra popoli, gruppi etnici o religiosi, si alimentano di memorie di mali subiti nel passato che impediscono una corretta visione del presente. Non sembra esserci spazio per una possibile pace, se prima non si risolve ciò che è avvenuto nel passato. Non si tratta di contrapporre memoria e oblio, ma di trovare modalità per integrarle. E’ quello che è avvenuto in Europa dopo la seconda guerra mondiale: si è costruita la possibilità di una pace tra popoli che molto avevano da rinfacciarsi, evitando di basarsi solo sulla memoria dei mali subiti.