Domenica 30 aprile a Fossombrone

Festa del Beato Benedetto

Domenica 30 aprile, presso il convento dei Cappuccini di Fossombrone, è in programma la Festa del Beato Benedetto. Il programma prevede un triduo di preparazione guidato da don Marco rulli, diacono della nostra Diocesi. Da giovedì 27 a sabato 29 aprile verrà celebrata la Santa Messa (giovedì 27 e venerdì 28 aprile alle ore 21, mentre sabato 29 alle ore 17). Sabato 29 aprile si terrà la fiaccolata del Beato Benedetto: alle ore 20.45 ritrovo presso la chiesa di Sant’Antonio a Fossombrone e alle ore 21 partenza per il Colle dei Cappuccini; all’arrivo benedizione con la reliquia del Santo e un momento di ristoro per tutti.

Domenica 30 aprile, Festa del Beato Benedetto, alle ore 9 la Santa Messa sarà presieduta dal Vescovo Armando, alle ore 10.30 la Santa Messa, alle ore 17 la Santa Messa, presieduta da fr. Sergio Lorenzini Ministro Provinciale dei Frati Cappuccini delle Marche, con la benedizione dei bambini (al termine della Santa Messa gelato per i bambini e merenda per tutti). Alle ore 18.30 Santa Messa presieduta dal parroco don Giancarlo De Santi.

Ricordiamo che sarà allestita una pesca di beneficenza.

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Un po’ di storia del Beato Benedetto
Quando si parla del Beato Benedetto, il pensiero corre istintivamente a Fossombrone, e più precisamente al Colle dei Santi (o Colle dei Cappuccini), dove morì il 30 aprile 1625, dove è sepolto e dov’è venerato da molti devoti. Egli invece nacque a Urbino il 23 settembre 1560 e si chiamava Marco; divenne Benedetto da Urbino in un imprecisato giorno del maggio 1584 a Fano, quando iniziò il noviziato nel convento di Santa Cristina.

Rimasto orfano, fu affidato, insieme a un fratello, a uno zio che viveva a Cagli, da dove partì per studiare prima a Perugia e poi a Padova, dove si laureò in Diritto. Tornato a Fossombrone, chiese di farsi cappuccino, ma trovò difficoltà sia in famiglia che in convento, perché di salute cagionevole e perché uno come lui, di famiglia di alto rango, se proprio voleva darsi alla vita religiosa doveva scegliere un Ordine più confacente al suo status sociale.  Ma vinse lui e, una volta sacerdote, si diede alla predicazione nei paesi dell’alta Marca, tra gente umile e dimessa.

Sul finire del 1500 fu mandato in Boemia insieme a un gruppo di confratelli guidato da san Lorenzo da Brindisi per arginare l’espansione del protestantesimo. Vi restò poco tempo e tornò a Fossombrone, dove riprese la sua predicazione che portò avanti fino alla morte. Preferiva i pulpiti dei piccoli paesi, tra gente semplice e che affidava a Dio le speranze di un’esistenza grama e stentata.

Un giorno, mentre stava partendo per un impegno quaresimale, fu raggiunto da un contadino che lo supplicò di fermarsi a casa sua perché un suo parente era in fin di vita. P. Benedetto andò; lo benedisse con alcune reliquie che portava sempre con sé e l’ammalato, che si chiamava Mario Ridolfi, guarì subito. Un’altra volta passava per Montalto e fu pregato di fermarsi per celebrare la messa la domenica seguente, dato che il parroco era malato. Si fermò: fece suonare la campana per la predica; l’indomani celebrò messa; salì in casa a salutare il parroco e si incamminò verso Pergola, quando lo raggiunse un gruppetto di persone che volevano ringraziarlo perché, subito dopo la sua partenza, il parroco era guarito.

Tornando a Fossombrone incontrò uno storpio cui non poté fare l’elemosina perché non aveva nulla. Si fece dare un foglio di carta dal confratello che lo accompagnava, ci scrisse il nome di Gesù e lo diede al poveretto che lì per lì rimase deluso, poi lo rincorse, raggiungendolo mentre attraversava un villaggio, gridando che era guarito. A Fossombrone fu chiamato a visitare la moglie di un certo signor Torricelli, amico di famiglia, incinta e agli ultimi giorni di vita. “Questa volta il medico ha sbagliato – disse entrando nella stanza e appoggiando il cordone sulla testa della donna – partorirai una bella bambina”. Raccomandò di farle bere un bicchiere d’acqua su cui aveva posta le mani entrando in casa, e il parto fu indolore.

Guariva gli altri, ma lui era sempre malato. Subì sedici operazioni per una flebite alla gamba e dieci per un’ernia ostinata; soffrì per tutta la vita un mal d’occhi che lo ridusse quasi alla cecità, ma non gli uscì mai di bocca il minimo lamento, accettando tutto per assomigliare a Cristo crocifisso, davanti alla cui immagine passava ore e ore in profonda meditazione.

Nel marzo 1526 andò a predicare la quaresima a Sassocorvaro, nonostante il parere contrario dei confratelli di Cagli, dov’era superiore. Arrivò tenendo il fiato con i denti; predicò cinque o sei giorni, poi si dovette portarlo in lettiga a Fossombrone quasi moribondo. Voleva alzarsi per la preghiera notturna insieme ai confratelli che, vedendolo in quelle condizioni si opposero e gli portarono in cella una candela che lo vegliasse durante l’agonia imminente. “Portatela via disse – vi dirò quando dovrete portarla”. Spuntò il giorno predetto, l’ultimo, e il convento si fermò. Tutti volevano vedere come muore un santo. Padre Benedetto chiese che gli mettessero un crocifisso sulla parete di fronte al letto, pregò di non far entrare nessuno e chiese che gli si leggesse la Passione di Gesù secondo Giovanni. Man mano che la lettura andava avanti il suo volto si faceva sempre più bianco e sofferente; a metà lettura prese il pallore del giglio e si fissò in quel candore.

Al termine della lettura fece cenno che fosse portata la candela accesa e si fece amministrare l’olio degli infermi, accompagnando le preghiere con cosciente devozione. Dopo l’Ave Maria il superiore cominciò la recita delle preghiere degli agonizzanti: all’invocazione Santa Maria, il viso assente del moribondo sembrò riaversi e gli occhi tornar vivi. Guardati uno a uno gli astanti, essi si fissarono in un punto del soffitto, luminoso nel brivido di un’alba celeste.

Poco prima di mezzanotte, mentre la campana del convento ne annunciava alla valle gli ultimi respiri, morì. Era il 30 aprile 1625. Padre Benedetto aveva 64 anni. Fu beatificato il 15 gennaio 1867 da papa Pio IX.