Il ricordo di Guido Ugolini

Uomo di grande cultura, intelligenza e saggezza

Nel giorno delle esequie di Guido Ugolini, celebrate dal Vescovo Andrea nella parrocchia Santa Famiglia di Fano 2, riportiamo il testo integrale del ricordo scritto da Valentina Tomassoni, vice direttore dell’Ufficio Diocesano Beni Culturali.

Difficile poter racchiudere in pochi pensieri chi era Guido Ugolini, ci vorrebbe un libro per raccontare la sua lunga vita fatta di tante esperienze e di meticolosi studi. Per fortuna lui di libri e di articoli ne ha scritti davvero tanti, lasciandoci così traccia delle sue ricerche e del suo prezioso operato e di questo non possiamo che essergliene grati.

Guido ha lasciato di sé un ottimo ricordo in tutte le persone che lo hanno conosciuto, anche in quelle appena sfiorate dalle sue parole nell’ambito di una conferenza o di una visita, perché da vero appassionato e studioso faceva altrettanto appassionare chiunque lo ascoltasse. Mai cattedratico, riusciva a mettere a proprio agio chiunque difronte ad un’opera d’arte, aiutando anche la persona meno esperta a comprenderne meglio il valore e il significato. Già, l’arte, la sua grande passione, alla quale ha dedicato un’intera vita di studi e ricerche, occupandosene poi in maniera costante una volta arrivato il pensionamento. Ma lui non era uno storico qualunque che raccontava l’arte così come l’aveva appresa dai libri: sapeva entrare nel significato intrinseco delle immagini provando a dare la sua interpretazione. Acuto osservatore, riusciva a cogliere particolari che a molti potevano non dire nulla, ma in lui maturavano e producevano riflessioni di un’arguzia a volte disarmante. Le sue intuizioni e i suoi studi gli hanno valso diversi riconoscimenti nonché la stima del grande storico e critico d’arte Federico Zeri, che in più occasioni ha avuto modo di frequentare, permettendogli di avere un confronto di alto livello.

Ed è stato così anche nello studio di una vita dedicato all’opera di Piero della Francesca, con il quale sentiva di avere, metaforicamente parlando, “un’amicizia profonda durata decenni”, un legame tale che gli ha consentito di entrare nei meandri del suo linguaggio pittorico e di comprenderne il senso, il pensiero più profondo, nonchè di capire le ragioni che spiegano l’immobilità della sua arte. Citando lo studioso Bernard Berenson «l’impersonalità è il dono con cui Piero ci incanta» e in Guido l’incantesimo non si è mai spento perché, dopo la sua ultima e recente pubblicazione, “Il mio Piero”, era già al lavoro per sorprenderci con nuove scoperte. Se ha già raggiunto il consesso dei Grandi chissà ora quante domande rivolgerà “al suo Piero”, curioso di scoprire se lo aveva capito veramente.

Uomo di grande cultura, intelligenza e saggezza: parlare con lui era sempre piacevole e stimolante. Proverbiali sono state anche la sua gentilezza, bontà d’animo e disponibilità nei confronti di tutti.

Alla nostra Diocesi, con grande generosità e con spirito volontario, ha offerto le sue competenze a favore della valorizzazione e conservazione del patrimonio culturale di tutto il territorio diocesano al quale ha dedicato anche tanti dei suoi studi, dandogli così la possibilità di operare in un campo da lui amato, l’arte figurativa. Più volte si è speso nella catechesi avvalendosi delle opere presenti nella nostra Diocesi. In una comunione di intenti con il vescovo Armando, è anche grazie a Guido che esistono il Museo Diocesano e i Quaderni di Ricerca dell’Archivio Storico Diocesano, ovvero Memoria Rerum e la nuova collana Memoria Rerum Musica. Il nostro vescovo Andrea saprà raccogliere ciò che Ugolini ha ben seminato e riuscirà certamente, con l’amore di un buon pastore, a dare continuità a quanto egli è riuscito a realizzare.

Ma Guido non era solo questo, era molto di più. Era un amico sincero, una persona gioviale, aveva sempre la battuta pronta e una parola di incoraggiamento per tutti: uno spirito eternamente giovane che faceva dimenticare l’età che aveva.

Di passioni ed interessi, oltre all’arte, Guido né ha avuti davvero tanti: dal teatro, che lo ha visto recitare, tra le tante esperienze fatte, anche al fianco di Catherine Spaak nella serie televisiva “La gatta” per la regia di Leandro Castellani; alla musica, era esperto conoscitore di quella classica e dell’Opera; qui in Parrocchia più volte lo si trovava impegnato a suonare l’organo durante le celebrazioni liturgiche; per tanti anni ha fatto parte del Coro Polifonico Malatestiano come colonna portante nella sezione dei Bassi e come figura di riferimento in tante produzioni artistiche. Ha cantato nel Coro Diocesano in occasione di importanti cerimonie, ha collaborato anche con altri gruppi vocali e ha avuto sempre un legame speciale con il coro della Cappella Musicale del Duomo. Oggi, gli amici cantori, sono venuti a tributargli la propria stima e il proprio affetto con il loro canto.

Amava il ciclismo sin da ragazzo, lui che sulla bicicletta, di chilometri, raccontava di averne fatti davvero tanti, considerate anche le faticose pendenze della sua terra d’origine: l’urbinate; fino a pochi anni fa si dilettava ancora ad andar per boschi insieme ad alcuni amici a raccogliere asparagi e funghi, di cui era un perfetto conoscitore. Quante volte ha condiviso con tanti di noi il suo bottino: sapeva essere generoso anche in questo!

Affascinato dalla letteratura sin dai tempi del liceo, con lui si poteva disquisire anche di questo. Impressionante la vivida e perfetta memoria di molti testi e poesie che continuava ancora a ricordare perfettamente.

E poi le scampagnate in compagnia degli amici: quelli cosiddetti “del ‘39” – annata DOC, a dir loro e dello stesso Guido – e di altri più giovincelli, pronti a trovarsi sempre insieme, col sorriso, per gustare un buon vino del contadino e altre leccornìe. Che dirà ora Talè che non lo vedrà più arrivare da lui per testare la sua ultima Vernaccia?! Certamente il prossimo brindisi sarà doverosamente dedicato a lui.

Il racconto delle sue passioni e peculiarità potrebbe continuare all’infinito, perché da una persona curiosa come Guido è stato della vita non ci si potrebbe aspettare altro se non un bagaglio ricco di tante esperienze.

Ma sopra ogni cosa c’è sempre stata la sua famiglia, fino all’ultimo: un amore sconfinato, il suo bene più grande e prezioso. Tanti i suoi racconti dell’infanzia, degli amati genitori (la sua mamma persa solo in questi ultimi anni ultracentenaria), il bel legame con il fratello e le sorelle. Basta poi leggere le dediche presenti ne “Il mio Piero” per capire il rapporto speciale con Lidia, compagna di una vita, i suoi figli, Alessandro e Samuele, la nuora Anna e Marcello, anzi Marcellino (come lui lo appellava), il suo caro nipote.

Sicuramente Guido non eravamo ancora pronti a perderlo perché persone così vorremmo che non ci lasciassero mai, ma la vita è questa, non possiamo farci niente. Al lavoro, con gli amici, abbiamo più volte pensato a come clonarlo o sperato che venisse trovato per lui l’elisir di lunga vita, ogni tanto è bello anche sognare. Certamente dobbiamo essere grati a Dio per averlo conosciuto: è perlomeno quello che cerco di ripetere a me stessa per superare il dolore profondo della sua perdita.

Caro Guido, o meglio, caro Cavaliere – appellandoti col titolo di Cavaliere dell’Ordine di San Gregorio Magno, per te fortemente voluto dal vescovo Armando che ha sempre nutrito nei tuoi confronti stima ed affetto -, per me sei stato un mentore, una guida, un amico vero: insieme abbiamo vissuto innumerevoli esperienze legate al coro, al lavoro, alle amicizie comuni. Mi mancheranno le gite che ci ritagliavamo fuori dal lavoro in occasioni più spensierate, le lunghe chiacchierate e perché no, anche quei pochi momenti dove non l’abbiamo sempre pensata alla stessa maniera; li ricorderò con lo stesso affetto provato quando ci trovavamo ad avere la stessa idea, perché il confronto con te è sempre stato costruttivo ed aperto al dialogo. Era anche questa la tua grande forza: una persona speciale a tutto tondo. Non smetterò mai di ringraziarti per la fiducia e la stima che mi hai sempre dimostrato.

Quando mi raccontavi della tua vita, se pure a volte segnata da dolori, non ti ho mai sentito deluso delle scelte fatte, una vita senza rimpianti, vissuta pienamente e ricca di tante esperienze che ti hanno fatto diventare la bella persona che eri. E allora voglio salutarti prendendo in prestito una poesia da te scritta alcuni anni fa e musicata da Paolo Petrucci, “Cantando ho vissuto”, testo che questi giorni il tuo fraterno e comune amico Olinto ha ricordato in un suo post a te dedicato. Un inno alla vita, sia essa felice o segnata dal dolore, ma pur sempre vita che vale la pena vivere pienamente, ogni istante. E a volte il canto, con grande poesia e forza, riesce a rendere leggero ogni percorso, ogni traiettoria segnata. A noi le tue parole possano aiutarci a vivere al meglio la nostra vita come la tua esperienza ci ha insegnato, a te, insieme all’ultimo canto che ti dedicherà fra poco il coro, a rendere ancora più lieve la tua anima in questo nuovo viaggio che hai appena intrapreso nella luce del Signore, immaginandoti sempre col sorriso e con la tua immancabile ironia e signorilità.

CANTANDO HO VISSUTO

“La vita ho cantato e la morte, la gioia ho cantato e il dolore, dell’uomo che il piede straniero calpesta ho cantato la lotta.

L’alito lieve del vento ho sentito nel canto, il fremere d’ala sul nido e l’urlo d’amore di chi crocefisso redime.

Fermati un poco stasera, fermati nella mia casa, dissolvi la notte e ridona la luce radiosa del giorno!

Peani e pavane ho cantato, sarabande, salmi e ballate.

Ho gioito cantando e ho pianto.

Cantando ho vissuto.”

 

Ciao Guido, fai buon viaggio e veglia sempre su di noi con il tuo amorevole sguardo.