(testo integrale) Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,illustri Signori e Signore, cari fratelli e sorelle! Pax vobis – pace a voi! Con questo saluto liturgico mi rivolgo a voi tutti raccolti nella Basilica Vaticana, dove quindici anni fa, il 10 aprile 1994, il Servo di Dio Giovanni Paolo II aprì la prima Assemblea… Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Il fatto che oggi ci troviamo qui ad inaugurare la seconda, significa che quello è stato un evento certamente storico, ma non isolato. E’ stato il punto di arrivo di un cammino, che in seguito è proseguito, e che ora giunge ad una nuova significativa tappa di verifica e di rilancio. Lodiamo per questo il Signore! Rivolgo il più cordiale benvenuto ai Membri dell’Assemblea sinodale, che concelebrano con me questa santa Eucaristica, agli Esperti e agli Uditori, in particolare a quanti provengono dalla terra africana. Con speciale riconoscenza saluto il Segretario Generale del Sinodo e i suoi collaboratori. Sono molto contento della presenza tra noi di Sua Santità Abuna Paulos, Patriarca della Chiesa Ortodossa Tewahedo di Etiopia, che ringrazio cordialmente, e dei Delegati fraterni delle altre Chiese e delle Comunità ecclesiali. Sono lieto anche di accogliere le Autorità civili e i Signori Ambasciatori che hanno voluto partecipare a questo momento; con affetto saluto i sacerdoti, le religiose e i religiosi, i rappresentanti di organismi, movimenti e associazioni, e il coro congolese che, insieme alla Cappella Sistina, anima questa nostra Celebrazione eucaristica.
Le letture bibliche dell’odierna domenica parlano del matrimonio. Ma, più radicalmente, parlano del disegno della creazione, dell’origine e, dunque, di Dio. Su questo piano converge anche la seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, là dove dice: “Colui che santifica – cioè Gesù Cristo – e coloro che sono santificati – cioè gli uomini – provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli” (Eb 2,11). Dall’insieme delle letture, risalta dunque in maniera evidente il primato di Dio Creatore, con la perenne validità della sua impronta originaria e la precedenza assoluta della sua signoria, quella signoria che i bambini sanno accogliere meglio degli adulti, ed è per questo che Gesù li indica a modello per entrare nel regno dei cieli (cfr Mc 10,13-15). Ora, il riconoscimento della signoria assoluta di Dio è certamente uno dei tratti salienti e unificanti della cultura africana. Naturalmente in Africa vi sono molteplici e diverse culture, ma sembrano tutte concordare su questo punto: Dio è il Creatore e la fonte della vita. Ora la vita – lo sappiamo bene – si manifesta primariamente nell’unione tra l’uomo e la donna e nella nascita dei figli; la legge divina, scritta nella natura, è pertanto più forte e preminente rispetto a ogni legge umana, secondo l’affermazione netta e concisa di Gesù: “L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (Mc 10,9). La prospettiva non è anzitutto morale: essa, prima del dovere, riguarda l’essere, l’ordine inscritto nella creazione.
Cari fratelli sorelle, in questo senso l’odierna liturgia della Parola – al di là della prima impressione – si rivela particolarmente adatta ad accompagnare l’apertura di un’Assemblea sinodale dedicata all’Africa. Vorrei sottolineare in particolare alcuni aspetti che emergono con forza e che interpellano il lavoro che ci attende. Il primo, già accennato: il primato di Dio, Creatore e Signore. Il secondo: il matrimonio. Il terzo: i bambini. Sul primo aspetto l’Africa è depositaria di un tesoro inestimabile per il mondo intero: il suo profondo senso di Dio, che ho avuto modo di percepire direttamente negli incontri con i Vescovi africani in visita ad Limina, ed ancor più nel recente viaggio apostolico in Camerun e Angola, del quale conservo un gradito e commosso ricordo. È proprio a questo pellegrinaggio in terra africana che ora vorrei collegarmi, perché in quei giorni ho aperto idealmente questa Assemblea sinodale, consegnando l’Instrumentum laboris ai Presidenti delle Conferenze Episcopali e ai Capi dei Sinodi dei Vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche.
Quando si parla di tesori dell’Africa, il pensiero va subito alle risorse di cui è ricco il suo territorio e che purtroppo sono diventate e talora continuano ad essere motivo di sfruttamento, di conflitti e di corruzione. Invece la Parola di Dio ci fa guardare a un altro patrimonio: quello spirituale e culturale, di cui l’umanità ha bisogno ancor più che delle materie prime. “Infatti – direbbe Gesù – quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita?” (Mc 8,36). Da questo punto di vista, l’Africa rappresenta un immenso “polmone” spirituale, per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza. Ma anche questo “polmone” può ammalarsi. E al momento almeno due pericolose patologie lo stanno intaccando: anzitutto, una malattia già diffusa nel mondo occidentale, cioè il materialismo pratico, combinato con il pensiero relativista e nichilista. Senza entrare nel merito della genesi di tali mali dello spirito, rimane tuttavia indiscutibile che il cosiddetto “primo” mondo talora ha esportato e sta esportando tossici rifiuti spirituali, che contagiano le popolazioni di altri continenti, tra cui in particolare quelle africane. In questo senso il colonialismo, finito sul piano politico, non è mai del tutto terminato. Ma, proprio in questa stessa prospettiva, va segnalato un secondo “virus” che potrebbe colpire anche l’Africa, cioè il fondamentalismo religioso, mischiato con interessi politici ed economici. Gruppi che si rifanno a diverse appartenenze religiose si stanno diffondendo nel continente africano; lo fanno nel nome di Dio, ma secondo una logica opposta a quella divina, cioè insegnando e praticando non l’amore e il rispetto della libertà, ma l’intolleranza e la violenza.
Riguardo al tema del matrimonio, il testo del capitolo 2° del Libro della Genesi ce ne ha richiamato il perenne fondamento, che Gesù stesso ha confermato: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne” (Gen 2,24). Come non ricordare il mirabile ciclo di catechesi che il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha dedicato a tale argomento, a partire da un’esegesi quanto mai approfondita di questo testo biblico? Oggi, proponendocelo proprio in apertura del Sinodo, la liturgia ci offre la luce sovrabbondante della verità rivelata e incarnata in Cristo, con la quale si può considerare la complessa tematica del matrimonio nel contesto africano ecclesiale e sociale. Anche su questo punto, però, vorrei cogliere brevemente una suggestione che precede ogni riflessione e indicazione di tipo morale, e che si collega ancora al primato del senso del sacro e di Dio. Il matrimonio, così come la Bibbia ce lo presenta, non esiste al di fuori della relazione con Dio. La vita coniugale tra l’uomo e la donna, e quindi della famiglia che ne deriva, è inscritta nella comunione con Dio e, alla luce del Nuovo Testamento, diventa icona dell’Amore trinitario e sacramento dell’unione di Cristo con la Chiesa. Nella misura in cui custodisce e sviluppa la sua fede, l’Africa potrà trovare risorse immense da donare a vantaggio della famiglia fondata sul matrimonio.
Comprendendo nella pericope evangelica anche il testo su Gesù e i bambini (Mc 10,13-15), la liturgia ci invita a tenere presente fin d’ora, nella nostra sollecitudine pastorale, la realtà dell’infanzia, che costituisce una parte grande e purtroppo sofferente della popolazione africana. Nella scena di Gesù che accoglie i bambini, opponendosi con sdegno agli stessi discepoli che volevano allontanarli, vediamo l’immagine della Chiesa che in Africa, e in ogni altra parte della terra, manifesta la propria maternità soprattutto nei confronti dei più piccoli, anche quando non sono ancora nati. Come il Signore Gesù, la Chiesa non vede in essi primariamente dei destinatari di assistenza, meno che mai di pietismo o di strumentalizzazione, ma delle persone a pieno titolo, che con il loro stesso modo di essere mostrano la via maestra per entrare nel regno di Dio, quella cioè di affidarsi senza condizioni al suo amore.
Cari fratelli, queste indicazioni provenienti dalla Parola di Dio si inseriscono nell’ampio orizzonte dell’Assemblea sinodale che oggi inizia, e che si ricollega a quella precedentemente già dedicata al continente africano, i cui frutti sono stati presentati dal Papa Giovanni Paolo II, di venerata memoria, nell’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa. Rimane naturalmente valido ed attuale il compito primario dell’evangelizzazione, anzi di una nuova evangelizzazione che tenga conto dei rapidi mutamenti sociali di questa nostra epoca e del fenomeno della globalizzazione mondiale. Altrettanto si deve dire della scelta pastorale di edificare la Chiesa come famiglia di Dio (cfr ivi, 63). In tale grande scia si pone la seconda Assemblea, che ha per tema: “La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace. «Voi siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo» (Mt 5,13.14)”. Negli ultimi anni la Chiesa Cattolica in Africa ha conosciuto un grande dinamismo, e l’Assise sinodale è l’occasione per ringraziarne il Signore. E poiché la crescita della Comunità ecclesiale in tutti i campi comporta anche sfide ad intra e ad extra, il Sinodo è momento propizio per ripensare l’attività pastorale e rinnovare lo slancio di evangelizzazione. Per diventare luce del mondo e sale della terra occorre puntare sempre più alla “misura alta” della vita cristiana, cioè alla santità. Ad essere santi sono chiamati i Pastori e tutti i membri della comunità ecclesiale; i fedeli laici sono chiamati a diffondere il profumo della santità nella famiglia, nei luoghi di lavoro, nella scuola e in ogni altro ambito sociale e politico. Possa la Chiesa in Africa essere sempre una famiglia di autentici discepoli di Cristo, dove la differenza fra etnie diventi motivo e stimolo per un reciproco arricchimento umano e spirituale.
Con la sua opera di evangelizzazione e promozione umana, la Chiesa può certamente dare in Africa un grande contributo a tutta la società, che purtroppo conosce in vari Paesi povertà, ingiustizie, violenze e guerre. La vocazione della Chiesa, comunità di persone riconciliate con Dio e tra di loro, è quella di essere profezia e fermento di riconciliazione tra i vari gruppi etnici, linguistici ed anche religiosi, all’interno delle singole nazioni e in tutto il continente. La riconciliazione, dono di Dio che gli uomini devono implorare ed accogliere, è fondamento stabile su cui costruire la pace, condizione indispensabile per l’autentico progresso degli uomini e della società, secondo il progetto di giustizia voluto da Dio. Aperta alla grazia redentrice del Signore risorto, l’Africa sarà così illuminata sempre più dalla sua luce e, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, diventerà una benedizione per la Chiesa universale, apportando un contributo proprio e qualificato all’edificazione di un mondo più giusto e fraterno.
Cari Padri Sinodali, grazie per il contributo che ognuno di voi darà ai lavori delle prossime settimane, che saranno per noi una rinnovata esperienza di comunione fraterna ridondante a beneficio di tutta la Chiesa, specialmente nel contesto dell’Anno Sacerdotale. E a voi, cari fratelli e sorelle, domando di accompagnarci con la vostra preghiera. Lo chiedo ai presenti; lo chiedo ai monasteri di clausura e alle comunità religiose diffuse in Africa e in ogni parte del mondo, alle parrocchie e ai movimenti, agli ammalati e ai sofferenti: a tutti domando di pregare perché il Signore renda fruttuosa questa seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Su di essa invochiamo la protezione di san Francesco d’Assisi, che oggi ricordiamo, di tutti i santi e le sante africani e, in modo speciale, della Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa e Nostra Signora dell’Africa. Amen!