“Le migrazioni, dal punto di vista ecumenico, sono una straordinaria sfida pastorale”. Don Solazzi al Convegno Cei sull’ecumenismo

donsolazzi.jpgLe migrazioni sono una grande opportunità per conoscere da vicino, dopo mille anni di storia di divisioni, le Chiese Madri dell’Oriente ortodosso da cui provengono questi “nostri fratelli e sorelle”. E’ quanto sta emergendo al convegno dei… delegati diocesani per l’ecumenismo e il dialogo in corso ad Ancona e dedicato al tema dell’ortodossia in Italia: “nuove sfide pastorali, nuovi incontri spirituali”. A parlare è stato don Vincenzo Solazzi, delegato per l’ecumenismo della regione Marche. Secondo i dati del 2009, circa la metà degli immigrati presenti nel nostro paese sono cristiani: fra di loro i fedeli ortodossi erano stimati nel 2008 in circa un milione centotrentamila. Nel suo intervento don Solazzi è stato ancora più preciso: “Tra gli immigrati cristiani ortodossi – in continua crescita nel nostro paese – ci sono circa 800.000 romeni, 250.000 ucraini, 150.000 moldavi, assieme a gruppi più esigui dell’Est. Non bisogna nemmeno dimenticare gli etiopi e gli eritrei (circa 25.000, solo in parte cristiani)”. “Avviene un fatto storico – ha detto il sacerdote -: per la prima volta dalla divisione dell’impero d’Oriente e d’Occidente, la frontiera tra Oriente e Occidente cristiano si sposta nel cuore dell’Italia”.
Il sacerdote marchigiano fa notare che “si tratta di un popolo, che mantiene saldi legami con le Chiese ortodosse d’origine e questo vedremo esige una più ampia visione pastorale che costruisca legami di ecumenismo spirituale con i fratelli vicini e con quelli geograficamente lontani. Da un punto di vista ecumenico le migrazioni sono una straordinaria sfida pastorale”. “A noi è dato, dopo mille anni, la possibilità – prosegue don Solazzi – di conoscere le chiese ortodosse aldilà dell’Adriatico. Questa conoscenza è non solo utile ma necessaria per evitare ogni forma di proselitismo, per comprendere la sensibilità spirituale dei sacerdoti e famiglie che sono tra noi, per accoglierli come fratelli di fede prima che come migranti, per trasformare, come tante volte è avvenuto nei secoli passati, una situazione di emergenza in un grande evento spirituale di reciproca evangelizzazione e di maggiore radicalità al Vangelo”.