R. – Il problema di quest’anno non è del tutto nuovo. In Paesi come gli Stati Uniti si era posto già una decina di anni fa con grande intensità. Anche in Irlanda il problema risale agli anni passati e, nel corso del 2009, era già stato affrontato dal Papa, insieme ad alcuni vescovi irlandesi: il Papa aveva annunciato la sua lettera ai cattolici d’Irlanda su questo tema. E’ vero, però, che nel corso di quest’anno il problema si è posto con forza anche in altri Paesi europei e questo ha suscitato notevole reazione e sconcerto. Il Pontefice ha fatto molti atti e molti interventi, che sono stati esemplari, su come affrontare, e con quale spirito, questo problema. Ha dimostrato con l’ascolto delle vittime in varie occasioni un atteggiamento di prontezza ad ascoltare, a capire, a partecipare alla sofferenza. Ha invitato in molti casi la Chiesa a un rinnovamento profondo: ricordiamo il discorso finale dell’Anno sacerdotale che ci ha toccato tutti molto profondamente. Ha poi anche incoraggiato concretamente tutti quelli che si impegnano nel campo della prevenzione, del risanamento di queste ferite. Siamo quindi nella giusta direzione per superare il dramma di questo scandalo, che ha ferito profondamente tante persone, ma che deve essere preso come occasione per un rinnovamento, per una capacità di ascolto, per una riflessione in profondità su tutti i temi. Non solo, dunque, sul tema della santità sacerdotale, ma anche sui temi della sessualità e del rispetto della persona nel mondo di oggi, dove tante volte questo rispetto manca proprio per quanto riguarda la dimensione della sessualità e dell’affettività. Da questo grande dramma, io spero possa venire per la Chiesa un impulso di rinnovamento e anche di impegno su frontiere più approfondite per un servizio alla dignità della persona umana, alla santità della vita.
D. – Il Papa ha dedicato alla libertà religiosa il messaggio per la Giornata mondiale della pace: un tema di drammatica attualità, vista anche la recrudescenza delle persecuzioni anticristiane…
R. – Noi di solito, pensando alle persecuzioni, alle difficoltà dei cristiani, guardiamo principalmente ai Paesi del Medio Oriente, però è vero, purtroppo, che anche in tante altre regioni del mondo ci sono problemi: pensiamo ai fatti accaduti in India, nelle Filippine e in altre parti dell’Asia. Ciò che ci ha molto addolorato, in particolare in questi ultimi mesi, sono i problemi posti alla libertà di religione, di coscienza dei cristiani in Cina. Su questo vi sono stati alcuni interventi importanti e anche molto espliciti da parte delle autorità vaticane. Il documento per la Giornata Mondiale della pace di quest’anno ha tuttavia invitato anche ad allargare lo sguardo sull’Occidente, sulle società secolarizzate. Il termine “cristianofobia” è stato usato per la prima volta dal Papa nel discorso alla Curia Romana, ed è qualcosa che riguarda anche i nostri Paesi e le nostre culture: questo tentativo di emarginare dalla vita pubblica, in particolare, i segni cristiani e le espressioni della vita cristiana. Insistere sul diritto di praticare esplicitamente e liberamente la fede cristiana in tutte le aree del mondo, anche in quelle dei Paesi secolarizzati, come contributo alla vita buona della società, è stato uno dei messaggi più significativi del Santo Padre durante il viaggio nel Regno Unito ed è stato molto ascoltato, in particolare nel discorso a Westminster Hall.
D. – Uno dei momenti forti nella vita della Chiesa del 2010 è stato il Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente. Anche in questa occasione il Papa ci ha ricordato, come fa costantemente, quanto i cristiani, e non solo in Terra Santa, siano promotori di riconciliazione, costruttori di pace…
R. – Sì, pure se purtroppo ci sono stati, anche dopo il Sinodo, segni di violenza e di difficoltà per i cristiani – ricordiamo l’attentato alla chiesa di Baghdad – il Sinodo ha dato un’impressione di vitalità, di impegno, di desiderio di testimoniare attivamente, da parte dei cristiani dei diversi riti, delle diverse comunità nella regione. Quindi, è stato anche un segno di speranza, nonostante le difficoltà che perdurano.
D. – Benedetto XVI ha compiuto molti viaggi quest’anno: quattro in Italia e cinque internazionali. Quello nel Regno Unito, come lui stesso ha affermato, resta memorabile, anche per la Beatificazione di John Henry Newman…
R. – La figura di Newman è stata importante, in questo viaggio. La figura di Newman per questo Pontefice è una figura di significato cruciale per il rapporto tra fede, ragione e spiritualità. Nell’ultimo discorso alla Curia romana, il Papa ha messo in rilievo un aspetto in più, che non aveva approfondito durante il viaggio nel Regno Unito, cioè quello della coscienza: cosa significa la coscienza, per il cardinale Newman, come criterio di guida nel cammino della ricerca della verità. La personalità di Newman, soprattutto per il mondo anglofono, ma anche per la Chiesa universale, viene proposta dal Papa come una figura luminosa, in un tempo in cui bisogna trovare sia pure tra difficoltà, ma con costanza, il cammino nel contesto di un dibattito culturale, religioso, spirituale molto impegnativo.
D. – Tra le decisioni di largo orizzonte prese dal Papa quest’anno c’è l’istituzione di un dicastero per la Nuova Evangelizzazione. Pensiamo anche alla formula del “Cortile dei gentili”, proposta da Benedetto XVI per gli uomini del nostro tempo…
R. – La costituzione di un nuovo Dicastero è stata forse una sorpresa, perché non si pensava che occorressero nuove istituzioni nell’ambito della Curia romana. E’ un messaggio, però, molto chiaro: il messaggio della priorità dell’annuncio, dell’annuncio del Vangelo, nella missione della Chiesa, sempre attraverso i tempi, anche in situazioni difficili. Il dicastero della Nuova Evangelizzazione è un messaggio specifico, ma deve lavorare nel contesto della più ampia missione della Chiesa, tematizzando proprio l’annuncio esplicito del Vangelo nel mondo di oggi.
D. – Lei ha definito il libro intervista “Luce del mondo” un “atto di vero coraggio comunicativo”. Qual è la sfida che, secondo lei, Benedetto XVI lancia agli operatori della comunicazione, un fenomeno questo che contraddistingue, quasi definisce l’era in cui viviamo?
R. – Noi continuiamo a scoprire le caratteristiche specifiche di Papa Benedetto XVI nella direzione della comunicazione. Vi era l’idea che fosse un Papa non comunicativo, rispetto al suo grande predecessore. In realtà, sta trovando delle formule che sono sue, caratteristiche, ma nuove – anche da parte di un Papa – per comunicare il messaggio. Pensiamo allo stesso libro “Gesù di Nazareth” di cui stiamo attendendo il secondo volume e di cui poi speriamo di avere il completamento con un terzo volume: un libro di carattere teologico-spirituale, scritto personalmente da un Papa teologo è anch’esso una grande novità di questo Pontificato, come lo è anche il libro-intervista. Questo mostra certamente la riflessione e la ricerca da parte del Papa di trovare le vie adatte e consone, anche, alla sua personalità comunicativa. Vorrei aggiungere anche le altre forme classiche della sua comunicazione, che sono le omelie, le catechesi o i grandi discorsi. Le omelie, in particolare, qualificano il servizio di questo Papa come un grande contributo alla sintesi fra teologia e spiritualità per la Chiesa di oggi: è un maestro di omiletica per la Chiesa intera.