Di calci al pallone Matteo ne ha dati tanti nella sua vita. Ora non smette di giocare, ma ha scelto di giocarsi la vita nel Signore e nella Chiesa. Matteo Pucci, 27 anni, della Parrocchia di Rosciano in Fano sarà ordinato prete per le imposizioni delle mani del Vescovo Mons. Armando Trasarti. Nella Cattedrale di Fano, sabato 1 ottobre alle ore 21, in prima fila ci sarà il suo babbo Alceo Pucci noto artista di lavorazioni su cemento e legno, sua mamma Palmina e sua sorella. E ci sarà tutta la parrocchia di Rosciano, tanti sacerdoti e tanti giovani, amici di Matteo.
“Don Matteo negli anni 2000 – rende noto l’Ufficio Comunicazioni Sociali – ha militato nella squadra giovanile di S. Orso sino alle seconda superiore; poi per un anno ha giocato nella giovanile Vis Pesaro e l’anno successivo il 2003 nella 1° squadra del Riccione in serie D. Don Matteo è un giovane con molto entusiasmo, un forte aggancio sul mondo giovanile e con uno spirito di servizio molto vivo. Per questo motivo il Vescovo lo ha affiancato al Centro Missionario Diocesano, facendo un lavoro di sinergia molto stretta con la pastorale giovanile e il centro vocazioni. Don Matteo sta completando gli studi a Roma nella specializzazione della teologia dell’evangelizzazione legata, appunto, al servizio di animazione che sta svolgendo a livello diocesano”.
Intervistato dalla Redazione de Il Nuovo Amico, settimanale interdiocesano, Matteo Pucci già diacono da un anno, ha rilasciato questa riflessione: “Alcuni mi chiedono: quand’è che ti fai prete? E io rispondo: Non mi faccio prete… ma mi fanno prete. E non mi stanco di ripetere a me e a chi me lo chiede, che divento prete perché chiamato a diventarlo. Quando il 2 ottobre del 2003 entrai in seminario non avevo per niente le idee chiare su ciò che significasse diventare prete. Mi dicevo: “Entro in seminario perché voglio capire cosa Dio vuole da me. Forse vuole che io sia prete”. Avevo chiara solo una cosa: nel mio diciottesimo anno di vita, Gesù non era più un personaggio del passato, precettore, maestro di buoni sentimenti, o di norme da rispettare, ma Gesù si era rivelato ai miei occhi come il vivente, il presente e operante ora per me! Questa scoperta della mia vita è divenuta la ragione del mio esistere, e del mio futuro. Solo questo avevo chiaro a quel tempo. Da quel momento ho iniziato a dare del Tu a Dio, e dicevo: “Se tu Signore sei veramente presente come io ora ti sento, allora io desidero raccontarlo a tutti; e se tu Signore sei l’unica ragione della vita, allora io voglio fare della mia vita ciò che tu vuoi. Ora sono passati otto anni e mi piace riassumere il mio cammino in tre parole: uomo, cristiano, servo. In seminario e nelle parrocchie che ho servito ho imparato a crescere come uomo, cioè come persona responsabile, capace di essere cosciente di me stesso, sapendo guardare con serenità e verità ai miei doni e ai miei limiti, alle mie paure e ferite, ai miei punti di forza e alle mie possibilità di crescita. Mi sono sentito uno tra tanti, povero come tutti, fratello tra fratelli. Servire Gesù e la Chiesa sono diventati sempre più la sintesi del mio cammino vocazionale. Cosa posso fare io? Mettermi a disposizione! Eccomi, Signore manda me e annuncerò ai popoli la grandezza del tuo amore”.