«Non avrei mai immaginato, negli anni passati qui a Fano come seminarista, che dopo tanto tempo sarei tornato da vescovo per lodare il santo patrono Paterniano. Di questa grazia sono grato a Dio». Questo è stato il saluto del cardinale Edoardo Menichelli, Arcivescovo di Ancona-Osimo, alla città di Fano nella mattinata di venerdì 10 luglio, ricorrenza della festa di San Paterniano. Di fronte a una basilica gremita, alla presenza di autorità civili e militari, il cardinal Menichelli ha chiesto al Patrono una particolare intercessione per quanti hanno responsabilità pubblica, volendo quasi estendere quanto espresso dallo stesso vescovo Armando, il quale, nel saluto introduttivo, ha invocato una trasformazione missionaria della Chiesa affinché essa possa rispondere al suo inesauribile desiderio di offrire misericordia.
«Sotto lo sguardo di colui che ha segnato da secoli la vita di questa Chiesa diocesana e ci domandiamo: chi è San Paterniano? Cosa ci ha donato e cosa oggi chiede? Perché credo che dobbiamo tutti fare una sorta di inversione di cultura spirituale. È infatti molto facile ricorrere ai Santi Patroni perché ci accompagnino e ci guardino, ma è molto più difficile diventare loro imitatori. Dobbiamo essere capaci di attualizzare quella testimonianza di allora, incarnandola nel tempo che viviamo», così l’Arcivescovo di Ancona ha aperto la sua omelia, rivolgendosi ai fedeli in modo chiaro e diretto, scuotendo quel torpore spirituale che talvolta accompagna le feste patronali. Poi, riflettendo sulla figura di San Paterniano, ha proseguito: «Senza cadere in una eccessiva analisi che partorisce pessimismi e angosce, dobbiamo comunque pensare alla nostra attualità religiosa e sociale e chiederci: cosa direbbe al suo popolo il nostro Patrono? Capisco che è difficile dar voce a un Santo, in quanto i Santi parlano con la loro vita, ma vorrei suggerire alcuni “percorsi di rianimazione”. I nostri giorni sono caratterizzati da una diffusa anarchia etica dove ognuno fa quello che vuole, accompagnati da siccità spirituale e da pericolosi e affascinanti soggettivismi. San Paterniano, in tutto questo, ci direbbe anzitutto di coltivare la centralità di Dio e il gusto della preghiera. Nella prova del suo tempo, Paterniano si affida a Dio nel suo silenzio eremitico e prega. Non tutti possiamo diventare eremiti, questo è certo, rimane però decisivo e indispensabile rincentrare la vita su Dio, liberandoci dalla tentazione dell’umana onnipotenza come se tutto fosse governabile e governato da noi: noi non siamo onnipotenti, l’uomo è fragile, non inventore ma servo della verità. Siamo avvolti di mistero e tutto, nella vita, si sottrae alla nostra totale comprensione».
Parole estremamente evocative quelle del cardinale Edoardo Menichelli, che non ha risparmiato un’analisi pungente sulla contemporanea azione di discredito nei confronti dell’etica: «Accanto a quanto detto finora, credo che sia più urgente la sapienza di Dio per il giudizio etico sul vivere di oggi. C’è una coscienza etica sociale che coniuga il bene e il male sul tornaconto, sul piacere, sulla benevolenza della legge umana, sull’idea di libertà intesa come autonomia. La libertà è invece consapevolezza della costruzione responsabile del bene comune, del quale ognuno è coefficiente attivo indispensabile. La libertà è da intendersi come adesione alla regola eterna e immutabile di Dio, come affidamento alla sua misericordia. Per la corruzione di questo tempo non servono leggi più dure, fabbricate dall’uomo e soggette a essere piegate, credo basterebbe che riprendessimo in mano il settimo comandamento, dove c’è scritto di non rubare. Sono convinto che i Santi Patroni sarebbero più contenti se noi cambiassimo vita, invece di inchinarci e basta davanti alle sacre urne. Così per quanto riguarda il nostro atteggiamento verso il Creato, di cui siamo diventati padroni senza l’autorizzazione del notaio supremo che è Dio. Dobbiamo aver chiaro che non ci appartiene la terra che abbiamo sotto i piedi: su questo mondo ci siamo capitati per un tempo determinato, è Dio a disporre il tutto!».
Ponendo al centro di tutto l’agire del cristiano la Parola, monsignor Menichelli ha voluto ribadire con forza un altro importante concetto: «Il Vangelo non è mortificante. Smettiamo – ha detto rivolgendosi al presbiterio, per poi allargare l’invito al resto dell’assemblea – di predicare un Vangelo negativo, il “non fare”, ma annunciamo un Vangelo libero, gaudioso, esaltante, a servizio dell’umanità. Sì, perché il Vangelo non è per il cattolico, ma per l’umanità, perché Gesù è morto per tutti».
Matteo Itri