“Il periodo della Quaresima che si protrae per sette settimane, è simbolo della vita presente: attesa e ricerca dell’incontro con Cristo. Il credente medita sulla sofferenza della caduta e si converte. Aspira ad affrancarsi dalla schiavitù del mondo in cerca della libertà che gli è offerta da Dio. La Quaresima è lo stadio in cui si svolge questa lotta: la conversione che rende libero l’uomo dalla schiavitù terrena e dalla tirannia dell’amore di sé richiede molta fatica. Non è un atteggiamento occasionale, ma un modo di vivere”.
Con queste parole il Vescovo Armando ha introdotto, mercoledì 1 marzo in Cattedrale, la riflessione che ha preceduto il rito dell’imposizione delle Ceneri. “I Padri della Chiesa – ha proseguito il Vescovo – paragonano la Quaresima al cammino quarantennale di Israele nel deserto per conseguire la terra promessa. La strutturazione liturgica della Quaresima suscita un senso di attesa della salvezza in Cristo”. Il Vescovo si è, poi, soffermato sul Vangelo di Matteo (Mt 6,1-6.16-18). “La quaresima che viviamo dovrebbe essere un esercizio per imparare a guardare meno a noi stessi, a non guardare gli altri nel giudizio che possono dare su di noi, a cercare di più lo sguardo del Signore. E’ uno sguardo che non ci spia, è uno sguardo di pazienza, ma è anche uno sguardo di severità o, meglio, di verità. Siamo chiamati a un’operazione di verità, di autenticità, operazione così necessaria per la nostra libertà, questa libertà che quando è posta davanti a Dio ci libera, ci solleva, ci fa respirare, ci dà la leggerezza della pace di chi si sente in armonia con la sua vita e anche con ciò che lo attende davanti. Questa libertà interiore può renderci autentici e sempre di più mossi dallo Spirito santo, per essere sempre più, per quanto è possibile, uomini che appartengono a Dio e non appartengono a nessun altro”.
Infine, il Vescovo ha messo in evidenza l’importanza di avere cura di noi stessi. “Abbiate cura di voi”, ovvero l’importanza di essere per se stessi oggetto di attenzione. L’ammonimento è chiaro: prendersi del tempo, liberarsi dal magnetismo di un ritmo di vita imposto da fuori è essenziale per arrivare a noi stessi e a Dio. “La tua considerazione – scrive ancora Bernardo – abbia inizio da te stesso. Così che tu non ti disperda verso altre cose, trascurando la tua persona. Che ti gioverà guadagnare il mondo intero, se avrai perso te stesso?” Gli altri hanno bisogno di noi, del nostro aiuto e delle nostre cure, ma anche noi abbiamo bisogno di noi stessi, delle nostre attenzioni e di una particolare ‘considerazione’. Come nel movimento del pendolo, l’oscillazione tra sé e gli altri, tra vicinanza e distanza, connota la relazione di cura, anche pastorale, e il dinamismo dell’amore. Siamo chiamati ad andare verso l’altro senza dimenticare la strada di casa, farci prossimo all’altro senza dimenticare di farci prossimo a noi stessi, amare gli altri come amiamo e dobbiamo amare noi stessi. Questo per non perdere mai la gioia del vangelo che “riempie il cuore e la vita interiore di coloro che si incontrano in Gesù” (Evangelii Gaudium 1), ma anche per evitare di bruciare le nostre energie psichiche e spirituali nell’aiutare gli altri e vivere quell’esperienza di svuotamento, di stanchezza, di fallimento e di vuoto interiore, chiamata burnout (bruciarsi), dovuta a vari fattori, non ultimo a un non attento coinvolgimento nella relazione con l’altro e anche a una mancanza di cura di sé ai vari livelli (L.Sandrin, Aiutare senza bruciarsi. Come superare il burnout nelle professioni di aiuto, Paoline 2014). C’è bisogno – ha concluso il Vescovo – di rivedere la nostra dieta, anche spirituale, perché ciò che scegliamo nutra veramente l’interezza della nostra persona, ci faccia star bene, e contribuisca a una relazione salutare con noi stessi, con gli altri e con Dio. Gesù Cristo, Parola del Padre, si offre come pane per il nostro viaggio, ma è un pane che non possiamo non condividere, aiutandoci reciprocamente a “portare i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2). La cura consolante che Dio ci offre e che siamo chiamati a scambiarci reciprocamente, parla il linguaggio di un prendersi cura, gli uni gli altri, dell’interezza delle nostre persone, specialmente nei momenti più fragili”.
Testo integrale – Riflessione Vescovo – Sacre Ceneri