Il silenzio dell’uomo inquieto davanti al Crocifisso

Il silenzio dell’uomo inquieto davanti al Crocifisso è stato il filo conduttore dell’omelia del Vescovo Armando nella Santa Messa celebrata, alle ore 6.30 nella cappella dell’ospedale Santa Croce, in occasione della Festa dell’Esaltazione della Croce. “Siamo confusi come gli uomini di ogni tempo. Scriveva Sant’Agostino ‘Vivo come un uomo scacciato dalla propria personalità più profonda e nello stesso tempo condannato a indagarla fino in fondo’. Il sussurro del volto crocifisso ci sorprende. Ma il crocifisso non è uno sconfitto? Cosa può dirci un crocifisso sconfitto agli occhi del mondo a un cuore ingrato? Forse nel Golgota si è aperto un crinale perchè la domanda fondamentale, che si agita nel fondo del nostro cuore, trovi risposta ‘E io, chi sono?’. Non più la nostra ricerca del volto di Dio, ma il suo sguardo sul nostro volto. Lasciarsi guardare da Gesù: ecco la strada perchè la sete del nostro cuore venga saziata, perchè il desiderio che ci costituisce si compia. Nel volto di Gesù che ci guarda – ha proseguito il Vescovo -prende forma il nostro volto. Ogni uomo prende forma dallo sguardo di quell’uomo che chiama la sua libertà, vocazione, a coinvolgersi con Lui. La tradizione della Chiesa, esperta in umanità, ha conservato gelosamente il gesto amoroso di una donna che, tra le prime, lo ha saputo accogliere. Veronica è ignota agli evangelisti, ma ella esiste, non è un’invenzione. La Chiesa non esita a metterci sotto gli occhi con forte realismo il volto dell’Innocente condannato, disprezzato e reietto dagli uomini. Il Volto del Crocifisso è il Volto di Colui che si è fatto carico di tutto il male degli uomini. Di tutto il peccato. Del male di tutti, del peccato di tutti. Per questo nel Suo volto è inscritto il volto di ogni uomo che soffre. E il volto di Colui che si è lasciato trattare da peccato pur non conoscendo il peccato perché noi, i miseri, diventassimo “giustizia di Dio” (2Cor 2,21).  Sul palcoscenico del mondo colpevole – ha proseguito il Vescovo – Gesù Crocifisso compie fino in fondo la missione affidataGli dal Padre. Le sue sette parole sulla Croce sono come la sintesi estrema della Sua predicazione, ma soprattutto della Sua opera di redenzione in favore degli uomini. Egli non ha considerato un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, anzi per salvarci si è annientato (cfr. Fil 2,6-7), non esitando ad attraversare tutte le plaghe dell’umana esperienza, vivendole in prima persona. Il Suo amore non ha arretrato di fronte all’ostilità più violenta: “allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano, dicendo: “Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?” (Mt 26,67); non si è sottratto allo scherno e all’insulto: “Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50,6). Tutto è compiuto” (Gv 19,28). Sull’altare del Golgota si è consumato il suo sacrificio. Davvero lì tutto si è compiuto. Il consummatum est è il vero volto della speranza cristiana”. Si può sperare, si deve sperare, per tutto e per tutti”.

Il Vescovo ha concluso l’omelia citando la preghiera di Paolo VI recitata il 4 gennaio 1964 davanti al Santo Sepolcro:

“Siamo qui, o Signore Gesù.

Siamo venuti come i colpevoli ritornano

al luogo del loro delitto.

Siamo venuti come colui

che Ti ha seguito e anche tradito,

tante volte fedeli e tante volte infedeli.

Siamo venuti per riconoscere

il misterioso rapporto fra i nostri peccati

e la Tua passione: l’opera nostra e l’opera Tua.

Siamo venuti per batterci il petto,

per domandarti perdono,

per implorare la Tua misericordia.

Siamo venuti perché sappiamo che Tu puoi,

che Tu vuoi perdonarci,

perché Tu hai espiato per noi.

Tu sei la nostra Redenzione e la nostra speranza”