“Per quanto potessimo essere preparati, anche la morte del Vescovo Mario ci ha colti di sorpresa”. Sono state queste le prime parole dell’Arcivescovo di Pesaro, Mons. Piero Coccia, nella celebrazione del rito delle esequie di Mons. Mario Cecchini, vescovo emerito della Diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola tornato alla Casa del Padre il 13 gennaio all’età di 87 anni, esequie concelebrate dal Vescovo Armando Trasarti, dal Vescovo Franco Manenti e da numerosi sacerdoti delle diocesi di Fano e Senigallia e trasmesse in diretta su Fano Tv.
Nato a Piticchio di Arcevia (AN), il 25 gennaio 1933 era stato ordinato presbitero il 16 marzo 1958 e poi eletto alla sede vescovile di Fano – Fossombrone – Cagli – Pergola l’11 febbraio 1986. È stato ordinato vescovo il 16 marzo 1986 per le mani del cardinale Bernardin Gantin. Il 30 settembre 1986, a seguito della plena unione delle sedi vescovili citate, divenne primo vescovo della diocesi di Fano-Fossombrone-Cagli-Pergola. Si dimise dall’incarico l’8 settembre 1998, diventando così vescovo emerito.
“Non solo la morte ci coglie sempre di sorpresa, ma crea dentro di noi una serie di interrogativi e di quesiti, è un’esperienza dove tocchiamo con mano reale il nostro limite perché la morte è il limite dei limiti. Di fronte a queste constatazioni, quale reazione possiamo avere come credenti? Possiamo e dobbiamo avere – ha sottolineato Mons. Coccia – una sola reazione ovvero quella della fede. E’ la fede nel Signore Risorto che può dare luce alla morte”. L’Arcivescovo si è poi soffermato sulla figura di Mons. Cecchini, uomo, sacerdote e vescovo di grande umanità e fede. “Il Vescovo Mario, un uomo che in forza della fede di battezzato, in forza dell’ordinazione sacerdotale ed episcopale, ha tenuto fisso, di fronte ai suoi occhi, l’orizzonte della Risurrezione del Signore. Ed è stato questo orizzonte a condurlo e confortarlo. Lui ha confortato tante persone nel cammino della fede teso alla Risurrezione del Signore, ha vissuto la sua vita personale abbracciando le responsabilità che ha avuto nella Chiesa e anche nella società con l’occhio fisso e il cuore diretto alla Risurrezione del Signore. Oggi se ne va un caro confratello che ha segnato il cammino della Chiesa delle Marche, però siamo anche confortati dalla certezza della Risurrezione del Signore e di tutti noi nel Signore. Qual è la sua eredità? Quali sono i tratti più salienti del suo cammino di battezzato? Lo ricordiamo come un vescovo sorridente e accogliente, uno stile di vita innato e coltivato. Lui amava molto stare tra la gente e con la gente, perché aveva un’innata spinta ad aiutare le persone. Sapeva, infatti, ascoltare e confortare. Del Vescovo Mario – ha proseguito Mons. Coccia – non possiamo dimenticare la sua grande passione educativa. Aveva pazienza dell’educatore: seminava senza la pretesa del raccolto immediato e quantificato. Lo abbiamo conosciuto anche come vescovo confratello. Ricordiamo la sua capacità di essere un uomo che è vissuto di fede, un pastore che ha condotto il popolo nel cammino di fede, una fede semplice, essenziale, ma non ingenua. Era molto “alla mano”, concreto. Ha vissuto la malattia nella fede del Signore, in quella fede semplice, autentica, profonda. Chiediamo al Signore – ha concluso l’Arcivescovo – che lo abbia con sé per i meriti che ha acquisito e anche per la sua testimonianza di vita sacerdotale ed episcopale che ci lascia oggi”.