“Nella valle del pianto una sorgente”. Nuovo rito delle esequie

Se il 20-30% dei cristiani partecipa alla celebrazione eucaristica domenicale, il 100%, o quasi, partecipa alle celebrazioni delle esequie che costituiscono, quindi, un momento privilegiato della vita della comunità… cristiana e della sua missione. Una consapevolezza che spinge l’introduzione al rito ad affermare a proposito del ministero dei presbiteri: «Particolare interessamento dimostrino poi per coloro che in occasione dei funerali assistono alla celebrazione liturgica delle esequie o ascoltano la proclamazione del vangelo, siano essi acattolici o anche cattolici che mai o quasi mai partecipano all’Eucaristia, o danno l’impressione di aver perduto la fede». Il concilio, che 50 anni fa è stato aperto, ha voluto una riforma della liturgia che potesse renderla sempre più esperienza di Dio, incontro con la sua grazia e la sua salvezza, atto di lode, rendimento di grazie.
Sono stati così riformati tutti i libri liturgici ed anche quello delle esequie che oggi vede la sua seconda edizione italiana. La ragione di un nuovo rito è il mutamento profondo delle condizioni sociali e culturali con le quali oggi tutti, cristiani e non, vivono la morte.
Si tratta di fare d questo nuovo rito delle Esequie un’occasione per riscoprire e cogliere l’esperienza di fede che esso intende far vivere e quindi verificare la correttezza pastorale delle nostre celebrazioni.
A questo rito si applicano in modo molto appropriato quanto il nostro vescovo scriveva nella esortazione pastorale sulla presidenza eucaristica: «Non è sufficiente, per chi presiede, leggere semplicemente le rubriche, ma occorre saperle interpretare nel contesto concreto nel quale si celebra. Come in una sinfonia musicale è il direttore d’orchestra che, in base allo spartito, all’orchestra che ha, al luogo, ecc., offre agli spettatori una interpretazione della melodia (e per questo può essere applaudito o fischiato), così chi presiede deve conoscere in modo approfondito il programma rituale della celebrazione per adattarlo al luogo e al momento. Questo esige competenza e sensibilità per poter raggiungere lo scopo: l’edificazione della Chiesa in Cristo, tenendo conto che gli spettatori nella liturgia non esistono, ma tutti celebriamo in Cristo, con ministeri diversi, lo stesso atto salvifico».
Il nuovo rito «valorizza tre luoghi particolarmente significativi: la casa, luogo della vita e degli affetti familiari del defunto; la chiesa parrocchiale, dove si è generati nella fede e nutriti dai sacramenti pasquali; il cimitero, luogo del riposo nell’attesa della risurrezione» (RE, Presentazione CEI, A).

Vediamo brevemente le tappe: innanzitutto, la casa. Il nuovo rito introduce come momento rituale la visita alla famiglia. La stessa cosa la troviamo anche nel rituale del Sacramento dell’Unzione e cura pastorale degli infermi nel quale è previsto il rito della visita al malato. Ciò significa che anche i gesti autenticamente umani di accoglienza del dolore del fratello sono liturgia cioè occasione preziosa nella quale Dio agisce e ci salva. Anche se è vero che la maggior parte dei fedeli muore nelle strutture ospedaliere il primo incontro tra il sacerdote e la famiglia è di grande importanza. Per questo non è opportuno lasciare che siano le agenzie funebri a gestire il rapporto tra famiglia e comunità cristiana. Il nuovo rito, a differenza del precedente, ha inserito uno schema di preghiera presso la famiglia, sia che il defunto sia morto in casa o in altro luogo. Preghiera che il rituale opportunamente affida anche ad un laico idoneo. Eventualità che sarà sempre più frequente e non solo per la preghiera in famiglia. Situazione che, pertanto, impegna a progettare con un atto di coraggio la formazione di ministri laici (cf RE, Presentazione CEI, 5; Premesse, 19). Un ministero che aiuterà a superare quell’idea che il parroco si occupa prevalentemente dei morti. C’è poi la veglia nella casa del defunto. In tempi più recenti, essa si è identificata con il semplice e popolare rosario. Oggi in molte comunità si preferisce la preghiera in Chiesa ma originariamente essa caratterizzava la vita delle case in occasione della morte di un congiunto. Solo ragioni pratiche (le case con spazi ristretti dentro grandi condomini) ha trasferito in Chiesa la preghiera. Già il rituale precedente proponeva la possibilità di una veglia, sia in casa sia in chiesa. Anche il nuovo rituale prevede la possibilità di una veglia di ascolto della parola, di meditazione, di suffragio. Certamente non è esclusa la recita del Rosario ma essa va almeno integrata con gli elementi tipici della veglia. A questo proposito ricordiamo che il sussidio della CEI Proclamiamo la tua risurrezione (2007) resta sempre, soprattutto per la veglia, una raccolta utile di testi. Altro momento particolarmente rilevante è la chiusura della bara. Anche da noi c’è la tradizione di porre un velo sopra il volto di chi muore, prima della chiusura della bara. È un momento particolarmente delicato ed emozionante che va illuminato con la luce del Vangelo discretamente e senza enfasi attraverso la preghiera. Il rituale italiano prevede che anche un laico idoneo possa guidare questo momento. È da queste piccole cose che tutti, compresi i poco o per nulla praticanti, recepiranno il messaggio che il rituale intende far sperimentare sulla fede nella resurrezione nostra in Cristo.
C’è poi il secondo luogo che è la Chiesa con il rito delle Esequie. È bene ricordare che deve essere celebrazione liturgica «seria, semplice e bella […] veicolo del mistero, rimanendo al tempo stesso intelligibile, capace di narrare la perenne alleanza di Dio con gli uomini» (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 49).
Infine il terzo luogo è il cimitero. Sappiamo bene come la processione al cimitero, dove è ancora possibile, è un momento particolarmente importante a condizione che sia non troppo lunga e si svolga come una vera processione con la preghiera e, se possibile, il suono delle campane. È oggi più facile vedere cortei di automobili che vanno al cimitero che processioni. È invece possibile, anzi più che opportuna, la preghiera che accompagna il momento della sepoltura. Il rituale offre opportuni schemi di preghiera che possono essere guidate anche da un ministro laico.
Nel nuovo rito è prevista anche una liturgia specifica per la cremazione, a condizione che essa non nasca dal disprezzo del corpo.

 

CONCLUSIONE
Il rischio di perdere la speranza nella vita eterna è presente in noi cristiani. Molti pensano che il vangelo sia semplicemente un modo buono e giusto di vivere. In questo contesto diventa importante un rito che ripropone il tema della risurrezione dei morti, della vita eterna e quindi di Gesù, salvatore dell’umanità, centro della esperienza cristiana. Tutto questo, poi, è inserito dentro una presenza affettuosa e consolante accanto a chi è colpito dal dolore perché non si smarrisca, perdendo il dono prezioso della fede. Come il sacramento dell’unzione dei malati vuol far sentire a chi è provato dalla malattia che il Signore non l’ha abbandonato, anzi lo vuole conformare a sé, così il rito delle esequie, pur non essendo un sacaramento ma un sacramentale, vuole non solo raccomandare a Dio chi muore ma vuole anche aiutare chi resta a non essere sopraffatto dal dolore con l’aiuto di Dio (richiesto con la preghiera) e con la vicinanza della Chiesa. Il nuovo rito è una grande occasione da non perdere per rivitalizzare la fede delle nostre comunità a condizione che ne cogliamo lo spirito e lo impariamo a celebrare.

Giovanni Frausini