Una serata densa di profonde riflessioni quella che si è tenuta mercoledì 5 novembre al Centro Pastorale Diocesana organizzata dall’Ufficio Diocesano di Pastorale Familiare. Tema della serata “Una teologia nunziale per una pastorale familiare di compartecipazione”. Nel suo intervento don Giorgio Mazzanti, Docente di Teologia sacramentarla presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma, è voluto partire dall’identità relazionata di maschile e femminile. “Quando Dio ha creato il maschio e la femmina li ha creati embricati. Non si può dire maschio – ha affermato Mazzanti – senza rapportarsi alla femmina. Sono realtà, quella maschile e femminile, costitutive ed embricate, relazionate”. Proseguendo nella sua riflessione, don Giorgio si è soffermato sulla sessualità umana. “Quando parliamo di sessualità umana, maschile e femminile, è meglio usare il termine ‘distinzione’ anziché ‘differenza’ o ‘alterità’. Esso ha il vantaggio di poter riconoscere che un uomo e una donna, anche nell’atto coniugale, pur unendosi, restano distinti: il massimo dell’unione celebra il massimo della distinzione. Il giorno in cui l’unione sopprimesse la distinzione non ci sarebbe più l’incontro delle due persone. Questo è chiaro a livello fisiologico, psichico e spirituale. La distinzione – ha proseguito don Mazzanti – permette di dire che il nuziale, lo sponsale sono costitutivi: è nel rapporto con lo sposo che la sposa arriva alla pienezza di sé e viceversa”. Il sacerdote ha poi messo in evidenza la nuzialità di Cristo. “Tutta la storia della salvezza è una storia di nozze: Adamo ed Eva, il popolo eletto e Jahvè, Cristo e la Chiesa, perché la Trinità progetta, esporta e destina per tutti gli uomini la sua stessa realtà: la possibilità di vivere le nozze eterne, cioè la comunione di vita e amore presente nella Trinità. Nelle nozze eterne, Dio si unisce all’umana persona ma non la distrugge, non fagocita l’uomo, lo vuole unito a sé pur nell’assoluta distinzione tra Creatore e creatura”. Parlando di carne e spirito don Giorgio ha posto l’attenzione sulla profondità ontologica dei gesti nell’amore nuziale. “Nella relazione sponsale crei l’altro, lo plasmi e continui l’atto iniziale con cui Dio ha posto l’altra presenza, con cui l’ha creata e plasmata. Tutto ciò che vale per la coppia uomo-donna – ha concluso don Giorgio – può essere esportato come modello per ogni relazione per costruire chiesa e società”.
Mariapia e Paolo Ambrosini